Armi e regali

Armi e regali

La strage di Denver ha naturalmente rilanciato il dibattito sulla liberalità americana in fatto di armi. A chi si dice a favore dell’introduzione di una legislazione più restrittiva, i libertari replicano per tradizione che «non sono le armi a uccidere, ma gli uomini» (si potrebbe rispondere loro che se gli uomini girassero disarmati farebbero più fatica a uccidere) e la situazione rimane comunque in stallo.

È fin troppo facile criticare la fascinazione statunitense per pistole e fucili: in realtà essa rappresenta l’aspetto più esteriore (e inquietante) di un’adesione filosofica all’individualismo tale da rifiutare in quanto illiberale ogni assistenza della collettività e da imporre come necessaria conseguenza la libertà di accesso a strumenti di difesa personale.

Si potrebbe però osservare che, una volta libere, le armi finiscono sul mercato e vengono assimilate nei meccanismi che al mercato appartengono. Esempio: risulta da parecchie ricerche come negli Stati Uniti proprio le armi siano uno dei regali più comuni. Far dono di una rivoltella allo sposo, all’amante o a un amico è un gesto tutt’altro che raro e, a quanto si dice, molto apprezzato. Forse si tratta di un modo di sottolineare la forza e l’indipendenza altrui, un omaggio all’individualità e al diritto che ne consegue di ostentarla e di difenderla.

Tutto ciò suona alquanto assurdo e perfino un po’ ridicolo a noi che, ammettiamolo, siamo individualisti con il condizionale: ci piace fare quello che vogliamo ma poi, a un certo punto, bisogna che lo Stato o chi per lui provveda ai nostri bisogni. Almeno, però, a Natale non ci tocca andare in armeria, aggirarci perplessi tra mitragliatori, cannoni e bombe a mano per poi rivolgerci ai commesso: «C’è niente di nucleare? D’altra parte, che cosa regalare a un killer che ha già tutto?»

© RIPRODUZIONE RISERVATA