Atterrare

Atterrare

Atterrare a Milano è sempre un'esperienza stupefacente e la ragione è semplice: Milano non ha un aeroporto. Ci sono, è vero, un paio di campi volo amatoriali che usurpano questo titolo e osano perfino definirsi “internazionali”, ma chiunque sia in grado di guardarsi in giro subito smaschera l'assurda millanteria.

L'atterraggio senza aeroporto è solo una delle meraviglie milanesi. L'altro giorno, dopo aver recuperato il bagaglio, una macchinetta automatica mi ha chiesto un euro in deposito per consentirmi di usare il carrello con cui trasportarlo. Io dico che se si vuole taglieggiare una persona e insultarla mettendo in dubbio la sua onestà il minimo che la decenza suggerisce sarebbe  di farlo di persona.

Non bastasse, all'uscita vengo fermato da un signore in maglietta gialla, poco rasato e molto sudato, il quale mi chiede se ho qualcosa da dichiarare. La prima cosa che mi viene in mente è “Mi piacciono molto i saltimbocca alla romana”, ma non è la risposta che il signore si aspetta: egli è evidentemente un pazzo che crede di essere un poliziotto e i pazzi vanno assecondati. Così, rispondo di non avere nulla da dichiarare. L'uomo prosegue nella sua recita: “Viaggiava per affari o per turismo?” Vorrei rispondergli che ha omesso una terza alternativa - “viaggiavo per cavoli miei” - ma i pazzi, oltre che assecondati, non vanno irritati. Così gli rispondo di nuovo, con gentilezza. Egli allora esamina il mio passaporto, dice che manca un bollo ma che “per questa volta” mi fa passare. Neanche un quarto d'ora dal mio ritorno in Italia e già vengo trattato da un'impresentabile autorità con benevolente sufficienza. Da criminale, ma con benevolente sufficienza. Che straordinario Paese. Leggo poi che l'economia non decolla. Francamente, è già tanto se atterra. Fossi in lei, io tirerei dritto.

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