Da un punto di vista professionale, i titoloni riservati da giornali e tg alle difficoltà della giunta di Roma, guidata da Virginia Raggi, valgono lo spazio che occupano.
Non si può negare che l’amministrazione della Capitale sia una faccenda importante, tanto più se rappresenta il primo “banco di prova” per una formazione politica di crescente successo come il Movimento 5 Stelle. Siccome però non viviamo nel castello incantato di Disneyland (e comunque anche lì dovremmo pagare la Tares), possiamo ben dire che l’enfasi di certi organi di stampa trasuda di soddisfazione nel vedere in difficoltà un movimento che, per anni, ha fatto la predica all’establishment dal piedistallo di una dichiarata inattaccabilità morale e di un altrettanto sbandierato pragmatismo amministrativo.
Non che interessi a qualcuno, ma ho sempre mantenuto una certa riserva nei confronti dei 5 Stelle (insofferenza per il cosiddetto “ditino alzato”, sospetto per l’approssimazione di certe posizioni, sostenute da riscontri ancor più dubbi quando non proprio errati): questo però non vuol dire che mi auguri di assistere al fallimento dell’amministrazione Raggi. Capisco bene che l’insuccesso dei 5 Stelle a Roma avrebbe per conseguenza l’aumento delle quotazioni elettorali dei partiti che oggi li contrastano - è la bilancia della politica e, come diceva Bogart della carta stampata, «non puoi farci niente, bellezza» - ma, ingenuamente, resto avvinto alla bislacca idea che l’eventuale incapacità dei primi non costituisce affatto un attestato di competenza per i secondi. Altrimenti, dobbiamo arrenderci a una spirale di pensiero davvero inquietante: «Noi siamo pessimi» sarebbe il sottotesto di alcuni partiti, «ma quelli che dicevano di essere migliori di noi sono pessimi anche loro. Più pessimi, anzi,perché almeno noi siamo pessimi con esperienza e dunque bravi a sembrare meno pessimi».
Mi scuso se la grammatica, qui, ne è uscita a pezzi, ma credo di aver presentato la mia tesi: godiamo troppo nel veder perdere gli altri per considerare il fatto che qualche vittoria, ogni tanto, farebbe bene a tutti.
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