E’ confortante scoprire che al mondo accadono sempre fatti nuovi e sorprendenti anche al di là, per esempio, dell’assemblea nazionale del Pd, evento che, come quoziente di tristezza, equivale a un vecchietto che si annusa i calzini dopo esserseli sfilati.
Che cosa dire, per esempio, del fatto che da ieri al mondo esiste una città in più? Proprio così, una città tutta nuova: giovedì non esisteva e venerdì invece era lì, a disposizione di chi volesse percorrerne le strade e visitarne gli edifici. O quel che ne resta.
Perché, in effetti, la città in questione non è precisamente tutta nuova ma, essendo rimasta sott’acqua per gli ultimi 25 anni, è come se lo fosse.
Epecuen era un tempo una cittadina brulicante di vita: ogni anno almeno ventimila turisti la raggiungevano per godere le dolcezze termali e lacustri di quella zona nel sud-ovest dell’Argentina.
In seguito a una serie di alluvioni, nel novembre del 1985 il lago tanto apprezzato dai visitatori uscì dal suo bacino per non farvi più ritorno. Per anni e anni strade e piazze, case e fabbriche, parchi e panchine, bar e ristoranti, prigioni e asili sono rimasti intrappolati sotto una coltre di dieci metri d’acqua.
Fino a ieri, appunto, quando, al termine di una lunga ritirata, l’ultima impronta umida del lago ha lasciato le strade di Epecuen, rivelando una moderna Atlantide, assoluta curiosità a disposizione di chi volesse affrontare un viaggio di almeno sei ore da Buenos Aires.
Chi lo ha fatto descrive uno scenario di «gusci arrugginiti di auto, rovine di mobili, case sbriciolate, elettrodomestici rotti». E aggiunge: «È un bizzarro paesaggio post-apocalittico che fissa un momento drammatico nel tempo».
Una notizia sorprendente, come dicevo, anche per il fatto che se, come probabile, molti di noi non riusciranno mai a raggiungere Epecuen, grazie alla maledetta crisi sarà Epecuen, con le sua strade rotte e desolate, a raggiungere noi.
Che cosa dire, per esempio, del fatto che da ieri al mondo esiste una città in più? Proprio così, una città tutta nuova: giovedì non esisteva e venerdì invece era lì, a disposizione di chi volesse percorrerne le strade e visitarne gli edifici. O quel che ne resta.
Perché, in effetti, la città in questione non è precisamente tutta nuova ma, essendo rimasta sott’acqua per gli ultimi 25 anni, è come se lo fosse.
Epecuen era un tempo una cittadina brulicante di vita: ogni anno almeno ventimila turisti la raggiungevano per godere le dolcezze termali e lacustri di quella zona nel sud-ovest dell’Argentina.
In seguito a una serie di alluvioni, nel novembre del 1985 il lago tanto apprezzato dai visitatori uscì dal suo bacino per non farvi più ritorno. Per anni e anni strade e piazze, case e fabbriche, parchi e panchine, bar e ristoranti, prigioni e asili sono rimasti intrappolati sotto una coltre di dieci metri d’acqua.
Fino a ieri, appunto, quando, al termine di una lunga ritirata, l’ultima impronta umida del lago ha lasciato le strade di Epecuen, rivelando una moderna Atlantide, assoluta curiosità a disposizione di chi volesse affrontare un viaggio di almeno sei ore da Buenos Aires.
Chi lo ha fatto descrive uno scenario di «gusci arrugginiti di auto, rovine di mobili, case sbriciolate, elettrodomestici rotti». E aggiunge: «È un bizzarro paesaggio post-apocalittico che fissa un momento drammatico nel tempo».
Una notizia sorprendente, come dicevo, anche per il fatto che se, come probabile, molti di noi non riusciranno mai a raggiungere Epecuen, grazie alla maledetta crisi sarà Epecuen, con le sua strade rotte e desolate, a raggiungere noi.
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