Tra sei giorni, se nel frattempo le porte di un qualche inferno non si spalancheranno inghiottendoci tutti, avranno inizio a Rio de Janeiro le Olimpiadi numero 31. Sarà, come prescritto, una festa di amicizia tra uomini e popoli. Una festa di fratellanza tra popoli in cui si voleva escludere un’intera Nazione per doping. Ma, tant’è, festa di sport e amore si vuole che sia e festa d’amore e di sport sarà.
Oddio, c’è il rischio che qualche partecipante alla festa prenda una svolta sbagliata e si ritrovi in una delle “favelas” della metropoli brasiliana: sono 600 in tutto e incapparvi potrebbe non essere improbabile.
Il colore locale prevede futuri Ronaldinhi che giocano a pallone in strada, ma anche gang che controllano lo spaccio di droga, con tanto di “bandidos” armati a presidiare gli incroci. Non lasciamoci distrarre: festa di amicizia e fratellanza sarà, e se una banale ferita di arma da fuoco riesce a far vacillare il nostro spirito sportivo, allora è meglio che stiamo a casa ad aver paura di quelli dell’Isis.
Oltretutto, le autorità locali avranno senz’altro disposto le cose al meglio per assicurare il regolare svolgimento della festa.
Il Brasile è al 76o posto del Corruption Perceptions Index, che mette in ordine la sensibilità alla mazzetta delle Nazioni, dalla più refrattaria alla più, diciamo così, aperta. I brasiliani, in questo campo, stanno al pari degli abitanti di Burkina Faso, Tunisia, Thailandia e Bulgaria. Non che l’Italia, seduta su un 61o posto ottenuto probabilmente allungando una bustarella a qualcuno, abbia da dare lezioni in proposito.
Insomma, perdonerete l’ironia e le osservazioni poco simpatiche sul bellissimo Brasile. Volevo solo dire che sempre di più la retorica applicata a manifestazioni grandi e piccole risulta lontana dalla realtà. Per riscattare tanta tristezza occorrerà un bel po’ di spirito e di umanità. Di solito, il miracolo accade. Accadrà anche a Rio.
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