Se la vita fosse un film in quale categoria dovremmo piazzarla? Commedia? Dramma? Documentario? Fantascienza? Guerra? Animazione?
Io sospetto che se qualche civiltà aliena fosse in grado di osservarci, probabilmente lassù ci sarebbe una lotta a strapparsi il telescopio l’uno con l’altro: «Non hai idea di che cosa ho appena visto fare a quegli idioti!» sarebbe il commento più ricorrente. Ma per quanto l’attività dei terrestri possa apparire, all’osservatore distaccato, come una continua comica di Hal Roach, quaggiù, immersi come siamo nelle nostre stesse azioni, possiamo solo concludere che la vita è una combinazione di tutte le categorie poc’anzi citate, che si sovrappongono un po’ a casaccio, senza riguardo per la trama, il buon gusto e la logica.
Nel leggere del disastro del Boeing 737 Max 8 precipitato domenica scorsa ad Addis Abeba, abbiamo scoperto che, in base ai primi riscontri, almeno una parte delle cause dello schianto potrebbe risiedere nel software di bordo, programmato per intervenire in alcuni casi, in particolare nel determinare l’“angolo di attacco”, ovvero l’inclinazione relativa dell’ala rispetto alla direzione del vento, in modo da escludere del tutto il controllo da parte dei piloti. Questo sospetto è bastato perché molti commentassero sull’eccesso di automatizzazione di procedure importantissime, come quelle che governano operazioni delicate tra cui, appunto, il volo.
Se i computer, da un lato, eliminano l’errore umano, dall’altro impongono rinunce importanti: a intelligenza, intuito ed esperienza. Tutte cose che solo piloti - e, in generale, gli operatori in carne e ossa - possono assicurare. Già.
Epperò a pochi clic di distanza dal disastro aereo ti imbatti in un tizio - e dunque in un “operatore umano” dotato, si spera, di istinto intelligenza, intuito ed esperienza - che, in un video online, ha pensato bene di illustrare il funzionamento del sistema “autopilot” della nuova automobile Tesla prendendo come cavia la sua stessa adorata moglie.
Assistiamo così alle prodezze di questo imbecille il quale, lanciato in strada, attiva l’autopilot poco prima che la signora - pure lei, è lecito dedurre, in possesso di un QI da vette himalayane - attraversi la carreggiata a passo spedito. Per fortuna, l’“autopilot” funziona e la Tesla si dimostra auto “intelligente” (anche se non abbastanza da ripudiare chi la guida) frenando ed emettendo un segnale acustico.
Non contento, il tizio ripete la prova in situazioni diverse: per buona sorte, ogni volta la Tesla risponde correttamente. La signora è dunque sana e salva, almeno fino al giorno in cui il marito non deciderà di acquistare una motosega automatica.
A noi resta la considerazione che, mentre auspichiamo la restituzione dei comandi all’uomo, un esemplare della suddetta specie ci convince immediatamente del contrario: il signore della Tesla e la sua consorte avranno qualche chance di condurre una vita lunga e priva di significative mutilazioni solo se affidati alle cure incessanti di un “pilota automatico” totale. Che però non è disponibile: ed è per questo che la vita è così pericolosa, ridicola, spaventevole e interessante.
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