Nel 1939 il regista Raoul Walsh (uno dei pionieri del cinema americano, già assistente e attore per D. W. Griffith) girò un film intitolato “I ruggenti anni Venti” . Vi si racconta l’ascesa e la caduta di un reduce della Prima guerra mondiale (James Cagney) nel contrabbando di alcolici.
Un film amaro, vicino in qualche punto a “C’era una volta in America” di Sergio Leone, che riprende e idealizza definitivamente il mito degli anni Venti, come stagione di opportunità e spensieratezza, di esaltazione e perdizione.
Un secolo dopo quella stagione ci ritroviamo negli Anni Venti, ovviamente di un altro secolo: una pura coincidenza matematica, non fosse che qualche somiglianza tra i due periodi, in effetti, c’è. Gli anni Venti di un secolo fa si aprirono sulla scia di un’epidemia mondiale, quella della Spagnola, che pure, come è accaduto oggi, chiese un tributo molto pesante all’economia. Una volta scomparsa la micidiale influenza, però, la maturazione di una serie di progressi tecnologici portò - negli Stati Uniti almeno - a una prodigiosa crescita economica - “ruggente”, davvero - interrotta soltanto dalla crisi del ’29.
E oggi? Dopo la pandemia avremo un’esplosione economica? E più tardi ancora una crisi paragonabile a quella del 1929?
La risposta è sì alla prima domanda e no alla seconda. Questo, almeno, secondo il signor Mark P. Mills, di professione fisico, docente al Manhattan Institute, autore di un libro intitolato “The Cloud revolution”, la rivoluzione della Nuvola. Secondo Mills, la somiglianza tra gli anni Venti di oggi e gli anni Venti di un secolo fa non si ferma all’epidemia: anche nel 2022, come cent’anni addietro, siamo sul margine di una potente rivoluzione tecnologica che potrebbe spingere l’economia e distribuire ricchezza del mondo. A beneficiarne, si capisce, prima di tutto le solite élite, ma le ricadute coinvolgerebbero comunque tutti o almeno tanti. Mills calcola che il tenore di vita che oggi si può permettere il 5% della popolazione americana sarà esteso al 25%, mentre il lusso sgangherato disponibile ora all’1% sarà nelle mani del 5%. Che cosa accadrà al restante 70% non è chiaro, ma Mills sembra non dubitare che qualche briciola arriverà giù fino al pianterreno.
Tutto merito dei nuovi supercomputer, che stanno per imprimere alla ricerca una spinta decisiva: con una capacità di calcolo aumentata 3 milioni di volte in 30 anni, permetteranno «di raccogliere e diffondere grandi masse di informazioni, di progettare nuove macchine di produzione e di studiare nuovi materiali con i quali produrre praticamente tutto».
Siccome viviamo sulla Terra e chi eccede in ottimismo passa per mistico o per matto (spesso per tutte e due le cose), Mills non nega che qualche pericolo c’è. A suo dire, non un’altra crisi né un’altra pandemia: il pericolo vero verrebbe dal cambiamento climatico. Come aveva ragione, in fondo, Woody Allen: smetteremo di fumare, vivremo una settimana in più, e pioverà tutto il tempo.
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