Bilanci difficili

Bilanci difficili

Come saprete, sabato è stata celebrata la quinta edizione della «Earth Hour», l’Ora della Terra, manifestazione mondiale voluta dal Wwf: centinaia di città, iniziando dalle isole Chatham in Nuova Zelanda per finire con l’isola di Rarotonga nell’Oceano Pacifico, hanno simbolicamente "spento la luce" per sessanta minuti, in modo da affermare simbolicamente la speranza in un futuro nel quale l’energia venga prodotta più razionalmente e consumata con maggiore parsimonia.
Evento simbolico, si è detto, perché, fatti due conti a spanne, la differenza tra l’energia risparmiata durante la manifestazione e quella spesa per organizzare la medesima è stata probabilmente in negativo. Se si addiziona tutta l’energia assorbita dai computer degli organizzatori, dai telefoni, dai fax, dalle automobili, dalle macchine per il caffè, dall’illuminazione, dai tostapane, dagli aerei presi e persi e dal riscaldamento degli interni, senza contare le calorie contenute nel sandwich ordinato dal governatore delle Chatham, il bilancio finale di «Earth Hour», strettamente circoscritto ai confini dell’operazione in sé, è quasi certamente in rosso. Non così, forse, se si considerano i benefici indotti dalla formazione ecologica delle coscienze i quali, a lungo termine, potrebbero portare a consistenti risparmi energetici. Per calcolare i quali, però, resta il dubbio che avremo bisogno di un numero infinitamente superiore di computer, telefoni, fax, automobili, macchine per il caffè...

© RIPRODUZIONE RISERVATA