Ora mi spiego un fenomeno che, per anni, mi ha stupito e incuriosito. Il fenomeno si verifica ogni volta che la mia mente partorisce un progetto “sbagliato” o nocivo, per esempio quando mi dispongo a sgranocchiare i biscotti senza contenerne la pioggia di briciole in un apposito tovagliolo di carta.
La mia mente ha già formato la parola “biscotto”, ma il mio volto è rimasto inespressivo e soprattutto il corpo ancora non si è mosso in direzione della credenza. Nonostante ciò, mia moglie, senza alzare gli occhi dal suo libro, dice: «Tovagliolo».
Una forma di telepatia coniugale unilaterale (lei può leggere la mia mente, io, rispetto alla sua, sono un totale analfabeta) che forse trova una spiegazione negli studi sulla “memoria collettiva” in coppie a lunga percorrenza.
Mi spiego. I ricercatori hanno esaminato un certo numero di coppie sposate da molti anni e le hanno “interrogate”, per così dire, sulle esperienze vissute in comune: vacanze, emergenze familiari, cerimonie, occasioni particolari. Le interviste si sono svolte in fasi diverse: prima moglie e marito sono stati interrogati separatamente, poi insieme. Il risultato potrà sorprendere, ma forse non del tutto: le memorie individuali si sono rivelate spesso difettose, incomplete, addirittura fallaci. Quella comune, o “collettiva”, è risultata molto più efficiente e capace di lavorare a un livello quasi inconscio: piccoli brani di memoria esumati da uno dei coniugi venivano ripresi dall’altro, arricchiti e completati, il tutto in un rimpallarsi di sensazioni, parole-chiave, aneddoti, frasette musicali e profumi riposti in uno scrigno accessibile soltanto dalla coppia in esame.
Per gli scienziati questo ha dimostrato la progressiva, reciproca dipendenza che le coppie collaudate sono in grado di allacciare, facendo della solidale convivenza, dell’aiuto, della tolleranza e perfino dell’amore materia concreta, quotidiana, familiare. Per me, la controprova che sui quei biscotti è meglio che ci metta una croce.
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