Purtroppo, di questi tempi, fare programmi a lunga gittata non è saggio. Chi può immaginare che cosa accadrà tra un paio di mesi? La pandemia e la guerra tengono saldamente la testata dei giornali e c’è voluta l’eliminazione dai Mondiali di calcio per leggere, in apertura, qualche cosa di diverso.
Il c.t. Mancini, dopo l’esaltazione per la vittoria agli Europei, è ora destinato a portare il peso della vergogna, ma se il calciofilo in noi fa di lui un reprobo, il lettore lo elegge a eroe: i termini guerreschi “sconfitta”, “disfatta” e “ritirata” son tornati a raccontare disavventure calcistiche. In fondo si tratta di un progresso, e lo dobbiamo a lui e ai suoi eroi alla rovescia in maglia azzurra.
Resta comunque sospeso su di noi un clima plumbeo per cui, come detto, far programmi anche a medio termine sembra azzardato. Se così non fosse, sarebbe il caso di prendere tre o quattro giorni di ferie e, tra il 20 e il 22 maggio, andarsene a Modena, dove nel locale polo fieristico si svolgerà il Festival del Gioco “Play 2022”.
La particolarità di questa manifestazione sta nel fatto che è interamente ed esclusivamente dedicata ai giochi “analogici”. E dunque giochi da tavolo, di ruolo, di miniature, dal vivo e, naturalmente, giochi con le carte. L’esclusione dell’elettronica, ovvero del digitale, potrebbe sembrare una scelta nostalgica o perfino passatista. In realtà, a quanto si legge, la scelta testimonia più che altro la vivacità di un settore, quello appunto dei giochi “analogici”, che negli ultimi due anni ha visto una crescita del 30%.
Le ragioni di questo successo economico non possono che essere legate alla pandemia: costrette in casa dal lockdown, le famiglie hanno riscoperto il piacere di una sfida a Monopoli o a Trivial Pursuit. Il che racconta una storia diversa da quella che ci siamo sentiti ripetere spesso nei rapporti un poco scoraggiati circa gli italiani a culo di piombo sul divano a guardare serie tv a ripetizione, oppure inchiodati davanti al computer.
«A Modena Fiere - si legge nel lancio di Ansa che annuncia l’evento - ventimila metri quadrati ospiteranno oltre 150 espositori e altrettante novità editoriali, 2.500 tavoli di giochi allestiti contemporaneamente (anche per i piccoli), più di 300 eventi».
Le indagini di mercato rivelano che la maggior parte degli acquirenti dei giochi da tavolo è compresa nella fascia di età 25-39 anni: questo spiega forse perché, nelle classifiche di vendita, non si trovano i giochi classici come Monopoli, Risiko e tombola (e neppure uno a me particolarmente caro per il nome: “Non t’arrabbiare!”, dall’originale tedesco “Mensch ärgere Dich nicht”), quanto invenzioni più recenti come “Carcassonne”, “Nome in codice”, “7Wonders” e - poteva mancare? - “Pandemic”.
Se cambiano i nomi, i meccanismi e gli involucri fantastici attribuiti ai giochi, l’idea di base - così perfettamente aderente alla realtà -, è però sempre uguale: il mondo visto come una tavola “analogica” sulla quale si muovono pedine perlopiù manovrate dal caso, alle quali è tuttavia concessa a intermittenza la possibilità di manovrare la sorte a proprio favore. Scopo del gioco, arrivare all’ultima casella. E quando ci si arriva, diventa irrilevante chiedersi se uno scopo, poi, c’era per davvero.
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