Cani e figli

Le persone, oltre ai fatti, formano le notizie. Se io e voi ci sposiamo (non tra noi ma..., insomma avete capito), neanche una riga, se si sposano George e Amal vien giù il mondo dell’informazione. Per la stessa ragione, quello che avrebbe potuto essere un incidente domestico da registrarsi in una breve in cronaca, è diventato ieri, grazie alla notorietà dei protagonisti, una notizia internazionale, rilanciata dall’Ansa, così come da tante altre agenzie. La notizia è questa: «La gattina di Marine Le Pen è stata sbranata a morte dal dobermann del padre Jean-Marie. Una vicenda che ha fatto infuriare l’attuale leader del Fronte Nazionale francese che ha deciso di lasciare una volta per tutte la residenza di famiglia, nei pressi di Parigi, per trasferirsi lontana dai “cagnacci” del padre».

Non so quanto Marine e Jean-Marie gradirebbero che si tirasse in ballo, per commentare la notizia, l’ebreo austriaco Sigmund Freud e tutte le sue teorie sui simboli sessuali, ma nel cane del padre che sbrana la gattina della figlia c’è evidentemente un trattato di psicanalisi che aspetta solo di essere scritto. Più ancora, c’è sottintesa la complessa relazione che lega i padri ai figli e spesso li divide.

Marine Le Pen si è presa in carico le idee del padre, il partito del padre e, in fondo, pure la reputazione scomoda del padre. Favorita anche dallo spirare dei sentimenti anti-europei e nazionalisti che sferzano un po’ tutto il continente, ha ottenuto risultati elettorali, dal suo punto di vista, egregi: tutto ciò non basta a garantirle il rispetto del padre il quale, evidentemente, non si preoccupa troppo se i suoi “cagnacci” mettono a repentaglio l’incolumità della gattina filiale.

Alcuni militanti del Fn troveranno sicuramente il modo di far presente ai Le Pen che se il dobermann di cui sopra avesse avuto a disposizione il polpaccio di un immigrato non avrebbe sentito il bisogno di sbranare una gatta, ma noi non ci sentiamo di appoggiare questo suggerimento. Ci limitiamo a constatare come di certi padri è impossibile smettere di essere figli, o addirittura figliastri.

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