Cani e gatti

Cani e gatti

In un Paese dal dibattito pubblico privo di argomenti (a parte il rischio di default, la disoccupazione galoppante, le navi da crociera incagliate qui e là, il crimine organizzato, le stragi impunite e i terremoti) si è inserita a tempo opportuno la proposta di imporre una tassa sugli animali domestici. Cani e gatti, nella fattispecie: i possessori di echidna possono stare tranquilli.

La tassa in questione è spuntata nella commissione Affari sociali della Camera. Richiesto di un commento, il governo, nella veste del sottosegretario all’Economia Polillo, ha dichiarato di essere d’accordo «in linea di principio», salvo poi spiegare che «si trattava di una battuta». D’altra parte, occorre ammettere che, in questo periodo, il Paese ha giusto bisogno di battute su nuove tasse da parte del governo: «Attenzione, l’Imu raddoppia! Giovedì patrimoniale!» Sai le risate.

L’aspetto più interessante della vera o presunta tassa su cani e gatti è che andrebbe a raccogliere fondi intesi a «finanziare iniziative contro il randagismo». In quanto proprietario - ma preferirei dire "coinquilino" - di quattro gatti, ammetto che la mia opinione è senz’altro di parte. Tuttavia, non posso trattenermi dal far notare quanto sia assurdo imporre una tassa contro il randagismo a chi, prendendosi cura di un cane o di un gatto (o di più cani e di più gatti) un suo contributo alla causa lo dà tutti i santi giorni. Piuttosto, andrebbe tassato - fatto salvo il rispetto delle fasce più deboli di reddito - chi, pur potendo, non accoglie in casa canidi o felini, in modo che partecipi anche lui, pur se solo finanziariamente, alla sacrosanta battaglia contro il randagismo.

Certo, questo innescherebbe inevitabilmente un dibattito giuridico: ovvero se è lecito o meno tassare qualcuno per qualcosa che non ha. Ma in fondo è una questione di lana caprina, e come tale esentasse.

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