Stress. Tanto stress. Ancor più stress. Non solo viviamo di stress, non ci basta produrlo per uso personale: ognuno di noi è un piccolo (o grande) spacciatore di stress e provvede incessantemente a diffonderlo, a propagarlo, ovvero a spingerlo verso gli altri, come il mare spinge le onde sulla battigia, il vento scuote le fronde e il minipimer frantuma il basilico.
Si scopre ora che questo costante scambio di stress, questa sorta di Amazon Prime per la consegna a domicilio dell’ansia, non riguarda solo noi esseri umani, che in fondo lo stress, se non lo abbiamo inventato, l’abbiamo eletto a condizione di vita, scegliendolo quale combustibile volatile delle nostre giornate: uno studio pubblicato su “Scientific Reports” rivela che tra i cani e i loro padroni si crea un sistema di vasi comunicanti per cui i livelli di stress sono, così dice il rapporto, “sincronizzati”.
Parlare di sincronia farebbe pensare a una sorta di reciproco scambio tra uomo e cane ma possiamo bene immaginare come non sia così e infatti lo studio conferma: i cani riflettono il livello di stress del loro padroni e non viceversa. A questa conclusione si è giunti, tra l’altro, misurando i livelli di cortisolo, un ormone la cui produzione è direttamente legata allo stress, nel padrone come nel cane.
A quanto pare, dunque, non ci basta più intossicare le nostre esistenze con sempre più massicce dosi di angoscia: siamo arrivati a coinvolgere il segno animale. Personalmente, non ho un cane e se lo avessi dubito che potrei onestamente definirmi suo “padrone”: ho però tre gatti e, letto dello studio, ho voluto accertarmi se, per caso, l’infausto contagio potesse riguardare anche l’ambito dei felini e dunque i miei poveri mici debbano sobbarcarsi, per riflesso, una dose dello stress che, al contempo, alimenta e divora il sottoscritto.
Non arriverei a proporre i risultati del mio studio a “Scientific Reports”, ma posso affermare con una certa sicurezza che i tre gatti, presi sia singolarmente sia nel loro complesso felino, del mio stress se ne sbattono altamente. Nel ronfare quietamente per buona parte della giornata, non danno segno non dico di “sincronizzarsi” con la mia situazione ansiogena, ma addirittura di essere interessati a riconoscerla. Interrogati a proposito, tutti e tre hanno risposto con un potente sbadiglio.
Partendo da questo dato, mi sono chiesto se, per caso, una sincronizzazione non possa avvenire comunque, ma lungo il percorso inverso rispetto a quello individuato tra padroni e cani. In altre parole: sarebbe possibile lasciarmi contagiare dalla disposizione così ostinatamente stress-immune dei miei gatti? Se gli uomini possono trasmettere il loro stress ai cani, potranno i gatti trasmettere agli uomini il solenne rilassamento che pare contraddistinguerli?
Dove sta il loro segreto? Nelle sensibili vibrisse, forse? O nella posizione acciambellata con la quale si dispongono al riposo? E le fusa? Sono una conseguenza della quiete felina o, con il loro ritmico vibrato, contribuiscono a suscitarla? Lo studio continua e l’osservazione anche. Non so se la cosa funzionerà ma una cosa posso già dirvela: anche senza contagio, io i miei tre gatti mi sento di ringraziarli.
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