Carne bruciata

Non è vero che la televisione moderna sia tutta ritmo, velocità e inevitabilmente, viste le premesse, superficialità. I nostalgici in servizio permanente effettivo - il sottoscritto si ritrova in questa categoria più spesso di quanto non vorrebbe - rimpiangono la tv di una volta, le sue lentezze, i caroselli che raccontavano storie complete, i telegiornali che si soffermavano sui movimenti militari in Vietnam per interi quarti d'ora, gli spettacoli teatrali trasmessi senza spot, le telecronache calcistiche compassate, formali, senza ululati. I nostalgici rimpiangono queste cose dandole per morte quando, in realtà, non è così. Non perché la noia sia scomparsa dai teleschermi - quella non ha nulla a che vedere con la velocità e la frenesia di certi programmi è mortifera quanto statico era il monoscopio - piuttosto perché c’è chi, nel fare le cose, si prende il suo tempo.

È il caso di Arby’s, una catena statunitense di paninerie ad alto contenuto di carne, che ha fatto trasmettere il più lungo spot pubblicitario della storia: 13 ore filate. Lo spot è andato in onda a beneficio degli abitanti di una sola città - Duluth, nel Minnesota, famosa fino ad oggi per aver dato i natali a Bob Dylan - e nonostante la lunghezza, il suo contenuto si può dire semplice e perfino scarno, se non fosse per il fatto che è tutto incentrato su un pezzo di carne. Allo scopo di magnificare la cura che Arby’s mette nella preparazione dei suoi panini, lo spot ha infatti trasmesso minuto per minuto, secondo per secondo, il processo di affumicatura di un taglio di manzo. Una faccenda che, per completarla, ci vogliono appunto 13 ore.

L'iniziativa ha suscitato sensazione, anche se per molti la questione centrale riguardava, più che la qualità dei cibi Arby’s, la saldezza mentale dei suoi dirigenti. Anch’io, leggendo la notizia, sono rimasto sorpreso ma poi ho pensato che non c’era davvero di che stupirsi. Molti di voi avranno notato come nei pressi di certe pratiche commerciali ci sia, da sempre, un gran puzzo di carne bruciata.

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