C’è un luogo in cui la gente si presenta stringendo al petto, o reggendo sotto l’ascella, una linda cartelletta. Il luogo è la sala d’aspetto, la cartelletta contiene, di volta in volta, la completa storia fiscale, medica, scolastica, lavorativa, patrimoniale, di utente del telefono, del gas, dell’energia elettrica, della tv satellitare che l’individuo in attesa porta con sé perché venga esaminata, riconosciuta, esentata e in qualche caso perfino premiata. Quella dell’uomo o della donna che attende pazientemente con una cartelletta sulle ginocchia è un’immagine che mi intenerisce sempre.
Questo non vuol dire che io sia estraneo all’inquadratura e che vada in giro per il mondo frequentando sale d’aspetto senza ombra di cartellette. Soltanto, le mie cartellette sono un po’ particolari: non contengono quello che annunciano. Capita che con il pennarello io abbia scritto “Bollette del gas” sulla copertina e, dentro, ci siano la planimetria della casa, un “Monello” del 1979, tre biglietti ferroviari, il libretto veterinario di uno dei miei gatti e la ricetta per lo zabaione. Nulla a che vedere con le bollette del gas: queste sono nella cartelletta intestata “Rogito 2001”, ma non lo saprò fino a quando, per qualche improbabile ragione, avrò necessità di consultare gli atti di quella lontana transazione immobiliare.
A intenerirmi nelle cartelle altrui è propriamente l’assenza di disordine. La meticolosità con cui i documenti sono stati raccolti e ordinati e la precisione con cui, prima della chiamata nello studio o nell’ufficio, vengono esaminati perché ci sia certezza che nessuno manchi, sono prova di una fiducia straordinaria, disarmante, ovvero della convinzione più che ingenua, direi quasi angelica, che per essere “promossi” basta aver fatto bene il compito, essere stati bravi e onesti, scrupolosi e metodici. Molti si chiedono come sarà, se sarà, il Paradiso. Io posso solo immaginarne la sala d’aspetto: piena di gente con una cartelletta sulle ginocchia.
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