Nella preparazione dei Giochi olimpici, gli organizzatori di Londra 2012 hanno avuto una brillante idea: mai una volta, nel corso dei mesi e degli anni impiegati ad allestire l’evento, hanno chiesto la mia opinione su come avrebbe dovuto essere la cerimonia d’apertura. Un’idea ottima e li ammiro per averla applicata con tanto rigore.
Se interpellato, avrei balbettato qualcosa circa fuochi d’artificio, palloncini colorati e Pringles in ciotoline di vetro. Nulla di adeguato alla portata dell’evento, come capirete: bene dunque hanno fatto ad astenersi dal chiamare. In questo modo, si sono assicurati che l’impostazione della cerimonia si avviasse lungo il giusto binario.
Che cosa sia successo dopo e perché, nonostante l’assenza del mio contributo, le cose siano andate come sono andate, non lo so proprio. Mi limito a constatare che la gente può sbagliare - e alla grande - anche senza il mio fattivo intervento. Non vorrei tornare sui dolorosi momenti del tributo alla Rivoluzione industriale, al sistema sanitario nazionale e al world wide web (invenzione che il mondo fatica a concepire come squisitamente britannica) perché abbiamo tutti sofferto abbastanza.
Oggi, armato soltanto del "senno di poi", vorrei solo manifestare incredulità di fronte al fatto che, nell’allestire la festa introduttiva ai Giochi della Trentesima Olimpiade, gli inglesi abbiano trascurato di menzionare, se non proprio celebrare o addirittura magnificare, un’invenzione che, tutta, appartiene a loro: lo sport moderno. Appartiene a loro la parola "sport" e appartiene loro il concetto di sport come attività umana fatta di regole e onore, divertimento e disciplina, fratellanza e competizione. Magari era troppo banale ricordarlo: meglio infilare il paracadute a una comparsa e farci credere che si tratta della Regina.
Se interpellato, avrei balbettato qualcosa circa fuochi d’artificio, palloncini colorati e Pringles in ciotoline di vetro. Nulla di adeguato alla portata dell’evento, come capirete: bene dunque hanno fatto ad astenersi dal chiamare. In questo modo, si sono assicurati che l’impostazione della cerimonia si avviasse lungo il giusto binario.
Che cosa sia successo dopo e perché, nonostante l’assenza del mio contributo, le cose siano andate come sono andate, non lo so proprio. Mi limito a constatare che la gente può sbagliare - e alla grande - anche senza il mio fattivo intervento. Non vorrei tornare sui dolorosi momenti del tributo alla Rivoluzione industriale, al sistema sanitario nazionale e al world wide web (invenzione che il mondo fatica a concepire come squisitamente britannica) perché abbiamo tutti sofferto abbastanza.
Oggi, armato soltanto del "senno di poi", vorrei solo manifestare incredulità di fronte al fatto che, nell’allestire la festa introduttiva ai Giochi della Trentesima Olimpiade, gli inglesi abbiano trascurato di menzionare, se non proprio celebrare o addirittura magnificare, un’invenzione che, tutta, appartiene a loro: lo sport moderno. Appartiene a loro la parola "sport" e appartiene loro il concetto di sport come attività umana fatta di regole e onore, divertimento e disciplina, fratellanza e competizione. Magari era troppo banale ricordarlo: meglio infilare il paracadute a una comparsa e farci credere che si tratta della Regina.
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