Cervello da ridere

Mi entusiasmo sempre quando gli studiosi si accaniscono nel cercare di comprendere i meccanismi che governano il nostro cervello. Meccanismi quali il pianto, oppure il riso o, ancora, certi comportamenti inesplicabili come l’attrazione per il vuoto o il tifo per l’Inter.
Con il rispetto e l’ammirazione dovuti per il raggiungimento di molte sorprendenti conoscenze, l’esame del cervello umano rappresenta uno sforzo atipico: è l’unica circostanza in cui oggetto dello studio e strumento dello studio stesso coincidono. Si esplorano i poteri dell’encefalo facendo uso dei poteri del medesimo ed è solo in questo campo, a pensarci bene, che un mistero è chiamato a svelare se stesso.
Rifletto su questa singolarità leggendo di una ricerca universitaria che ha preso in esame gli effetti del riso sul cervello. Risultato, «una sana risata stimola la genialità, dà lo sprint per trovare soluzioni improvvise e ispirazione nella risoluzione dei problemi». Per me, l’interesse non è tanto nell’esito formale della ricerca che trovo sorprendente a metà: dopo tutto, il riso scaturisce da un imprevisto rovesciamento della realtà, da una visione che di colpo si manifesta diversa, e sta proprio nel cambio di prospettiva la condizione necessaria per incominciare a risolvere un problema. Piuttosto, mi colpisce come, ancora una volta, concedendo una piccola rivelazione sul suo funzionamento e sulle sue potenzialità, il cervello riesca nel contempo a chiarire e a infittire il mistero che lo avvolge.

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