Quante volte avete detto «mi sento giovane dentro»? Non schernitevi: anche quelli tra voi più refrattari ai luoghi comuni, anche quelli che quando sentono dire “la palla è rotonda” oppure “non ci sono più le mezze stagioni” rabbrividiscono e sopprimono un moto di fastidio avranno ceduto, in un momento di debolezza, alla tentazione di definirsi interiormente adolescenti.
Questo perché l’incedere solenne dei giorni e con esso l’avvicinarsi della nostra fine (ebbene sì, oggi mi tengo sul leggero) fa paura a tutti e autoproclamare la propria gioventù spirituale, ovvero la propria incorruttibilità materiale e morale, è in realtà un esorcismo o, meglio, un potente rituale scaramantico. La scienza, spesso insistente nel cancellare credenze e smentire sensazioni, questa volta interviene per confermarci: ebbene sì, potreste essere «giovani dentro» per davvero.
Questo perché gli scienziati hanno da poco scoperto nel Dna umano un “orologio interno” che misura l’età biologica dei vari organi. Facciamo un esempio: se stando all’anagrafe avete, come il sottoscritto, cinquanta anni di età, non vuol dire che avete proprio cinquant’anni. La vostra età biologica è in realtà un misto di età diverse: il vostro fegato potrebbe essere biologicamente più anziano dei polmoni; potreste avere la milza di un bebè e il cuore di un anziano, oppure il contrario. Se volete, la vostra vera età è rappresentata dalla media di quella dei vostri organi.
Naturalmente, gli organi non sono tutti uguali: ci sono quelli “vitali” e quelli meno “vitali” (anche se organi del tutto superflui non se ne conoscono). Buona norma sarebbe avere organi vitali piuttosto acerbi. L’unico modo per tenerli giovani, credo, è garantire loro una buona manutenzione e sottoporli a un utilizzo costante ma ragionevole. Tra gli organi che più o meno invecchiano a velocità diversa da quella del corpo c’è anche il cervello. Il quale mi sembra sfuggire a questa regola: che si debba usarlo in modo costante è ovvio, ma pretendere che “ragioni”, santo cielo, è davvero troppo.
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