Cittadini in panne

L’altroieri due importanti personaggi sono saliti sul podio per consegnarci discorsi di commisurata importanza. Il primo discorso è stato pronunciato a Chicago dal presidente uscente degli Stati Uniti, Barack Obama; il secondo a New York da quello entrante, Donald Trump.

Pur ammettendo la tara che quello di Trump non era propriamente un discorso ma una conferenza stampa, chiunque abbia prestato orecchio ai due autorevoli signori avrà senz’altro notato la differenza di approccio con l’arte della comunicazione.

Quello di Obama è stato un discorso intessuto di ideali, costruito sull’uso attento di meccanismi retorici, pieno di razionalità ma flessibile in modo da raccogliere ogni opportunità emotiva.

Trump si è affidato invece al modello “parla come mangi”, nel quale la logica necessaria a sostenere certe affermazioni e i dati utili a comprovarle sono stati quasi sempre sostituiti dal carisma personale, ovvero dall’intercalare «believe me», «credetemi», rivolto all’uditorio con una smorfia di complicità e, insieme, con un linguaggio del corpo inteso a trasmettere fiducia e controllo.

I discorsi, apparentemente, hanno incontrato l’apprezzamento di due distinti gruppi di persone, che a tutta prima potremmo etichettare come “intellettuali” e “sensoriali”, oppure “cerebrali” e “concreti”. Ma forse è solo il contesto a fare di noi membri dell’uno o dell’altro gruppo: come spettatori a un concerto, applaudiremmo decisi la perizia stilistica di Obama e fischieremmo la rozzezza di Trump. Come clienti di un’officina meccanica, rimasti a piedi per un guasto dell’auto, apprezzeremmo la semplice sicurezza di Trump («Torni domani : sarà tutto a sistemato») e resteremmo dubbiosi davanti ai distinguo di Obama.

Oggi, evidentemente, molti cittadini in panne si sono convinti che Trump aggiusterà il motore della loro vita senza neppure prendersi la briga di spiegare come farà. Speriamo che abbiano visto giusto. In ogni caso, meglio se sono assicurati.

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