Clandestini della civiltà

Leggo le ultime sui profughi (o migranti, o clandestini o qualunque altra definizione la povera lingua del giornalismo riesce a racimolare) e trasecolo. Non sorridete: trasecolo proprio, perché “trasecolare” è un verbo serio - anche se oggi, chissà perché, fa ridere - e significa “essere fuori di sé per grande meraviglia o stupore”. Trasecolo perché, benché la situazione sia piuttosto chiara, ci si ostina a vederla da barricate opposte e non dialoganti. Sulla prima sta chi i profughi non può vederli e non li vuole vedere: fatta la tara, eventuale ma non leggera, del razzismo , costoro sostengono che non possiamo farci carico di tutta questa gente. Chi la pensa diversamente è “buonista”, “comunista” e, peggio di tutto, “boldriniano”. Alcuni arrivano alla sciocchezza del secolo: “Se li prendano in Vaticano”, dicono, come se le missioni della Chiesa non fronteggiassero da tempo numerose povertà in tutto il mondo.

Dall’altra parte, c’è chi si ammanta di un sentimento all’apparenza virtuoso ma in realtà tessuto di un ingenuità sospetta: dobbiamo soccorrere tutti e tutto. Peccato che non sia possibile, ovviamente, e la pressione sui confini è un problema che non si può affidare né a una presunta buona volontà né a una sorta di umanitarismo approssimativo.

Ma a farmi trasecolare non è neppure questo. Ciò che è incredibile è la posizione della politica, intesa in senso ampio come organizzazione della società. Perché abbiamo Stati, coalizioni, organismi internazionali, parlamenti e commissioni se non si fa altro che discutere? Si discutesse almeno in spirito socratico! Diciamolo chiaro: si parla delle prossime elezioni. Vincerà quello intransigente o quello opportunista? E un bel chissenefrega non ce lo vogliamo mettere? Davvero ci interessa il nominativo e il codice fiscale di un futuro, quasi certamente mediocre presidente del Consiglio? Non sarebbe il caso invece di far lavorare la solidarietà fin dove possibile, e la diplomazia, le economie e la cultura per il resto? Insisto, io trasecolo: non siamo più uomini, ma clandestini della civiltà.

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