Quanto è riprovevole sentirsi contenti per il fatto che qualcuno si è preso una pistolettata nella schiena? Così a occhio deve proprio essere molto riprovevole: non c’è codice morale, religioso e sociale che ammetta tale soddisfazione come legittima o almeno la consideri con un poco di indulgenza.
Eccomi dunque a dichiararmi colpevole di contentezza per lo sparamento di un essere umano. Vorrei però che ascoltaste la mia versione dei fatti: se non spero nell’assoluzione, punterei alle circostanze attenuanti.
La storia è questa. Jamie Gilt, 31 anni, giornalista televisiva, è stata ricoverata per una ferita da arma da fuoco alla schiena. I soccorritori l’hanno trasportata in ospedale dopo averla estratta dalla sua automobile, ferma a un lato della strada nella Contea di Putnam, in Florida. A spararle attraverso il sedile di guida con una pistola calibro 45, il passeggero sul sedile posteriore: suo figlio, un bambino di quattro anni.
Presentato così, non è che uno dei tanti drammi causati da scarsa attenzione nella cura e nel ricovero delle armi da fuoco, senza alcun risvolto che possa provocare soddisfazione. Va aggiunto però che la signora Gilt è una combattiva sostenitrice della libertà di acquistare, portare con sé e - si immagina - usare pistole e affini. Tra l’altro, è titolare di una pagina Facebook, “Jamie Gilt for Gun Sense”, nella quale la si ammira mentre imbraccia un fucile, il cappello da cowboy calato sugli occhi. Ancora non ci sarebbe ragione di abbandonarsi a scomposti sentimenti di soddisfazione, senonché occorre riferire un particolare: poche ore prima di venire ferita, la signora assicurava su Facebook che il pargolo di quattro anni «era tutto eccitato per una giornata di tiro al bersaglio».
Ecco, è a questo punto che ho ceduto e un sorrisetto ha accompagnato la mia intima - e colpevole - soddisfazione. Cosa dire? Mi auguro che Jamie guarisca presto e perfettamente. Così, almeno, potrò riderle in faccia senza più vergogna.
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