Venerdì scorso, finalmente, son riuscito a farmi tagliare i capelli. Da un barbiere professionista, intendo: non ho minacciato un passante costringendolo a sfoltirmi la chioma. Sono uscito dal negozio con la sensazione di essere un individuo nuovo: più leggero, più ordinato, più pulito. Più civile, addirittura.
Se penso alle storie che facevo da ragazzino per andare dal barbiere, quasi non ci credo. È ben vero che, allora, nessuno, barbiere compreso, chiedeva la mia opinione su taglio, lunghezza ed eventuali prodotti a sostegno del bulbo. I miei genitori, stufi di veder circolare per casa un cespuglio ad altezza vita, mi spedivano alla bottega sulla strada, dove il cordiale artigiano provvedeva a un taglio “ragazzino-standard” senza troppe pretese: riga da una parte, collo sgombro, zazzera accorciata e via andare. Da questo si può intuire quanto tutta l’operazione mi risultasse sgradita: una coercizione bella e buona.
Ho letto poi nell’agenzia Ansa che, nel periodo di lockdown, ben 630mila italiani hanno smesso di fumare. Approvvigionamento di sigarette più difficile e genuina paura per l’inferenza statistica del Covid sui fumatori hanno portato molti a questa decisione. È anche vero, come pure riferisce l’Ansa, che se tanti si sono liberati del “vizio” altri sono passati alle sigarette elettroniche e che chi è rimasto fedele all’abitudine del tabacco in molti casi ha aumentato la dose giornaliera, ma il punto per me è un altro: cambiare si può.
Che sia un’emergenza, ovvero un timore imminente, a indurre il cambiamento (come nel caso dei fumatori pentiti durante il lockdown), oppure esso maturi nel corso di una transizione lenta, con il passare degli anni e delle stagioni fino al giorno in cui la maturità prende il controllo della testa incolta riconfigurandola a giardino, il risultato è lo stesso: prima eravamo in un modo, ora siamo in un altro.
Questa è una cosa straordinaria perché, se ci pensiamo, dopo i primi anni di vita, quelli di formazione, la nostra personalità e le nostre inclinazioni sono già determinate. Con il passare del tempo ci limitiamo a manifestarle in modo diverso, ovvero attraverso esternazioni compatibili con le esigenze sociali ed economiche alle quali ci tocca far fronte. Sotto sotto, però, rimaniamo il ragazzetto malmostoso sulla poltrona del barbiere e il tabagista incallito che non vede l’ora di dar fuoco all’ennesima cicca.
Eppure, cambiare si può. È difficile, ma si può. Possiamo apprezzare oggi cose che in passato ci sembravano incomprensibili quando non sgradevoli, possiamo liberarci di abitudini dannose per noi e per gli altri, possiamo riconfigurare noi stessi in modo da trarne vantaggio e in modo che tale vantaggio ricada sulla società.
Certo, uscire dal barbiere fischiettando non è e non sarà mai un contributo all’avanzamento dell’umanità, ma riconoscere in se stessi una persona nuova, o almeno un poco rinnovata, è una gran cosa. Significa schiudersi alla possibilità di essere, domani, meno prigionieri delle comuni banalità, meno ostili nei confronti del prossimo, meno lagnosi e vittimisti. E se ancora si coltiva qualche inclinazione al luogo comune e al qualunquismo, si riuscirà finalmente a evitare di trasferirle sui social media. Riservandole, come è tradizione secolare, alla bottega del barbiere.
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