Questa faccenda dei “mille occupati in meno al giorno”, in Italia, è la spinta che giusto serviva a chiudere il coperchio sulla nostra definitiva depressione di cittadini, individui, sognatori e amanti della speranza. Altro non è che uno slogan, si capisce, una formazione sintattica destinata a colpire la nostra immaginazione e a comunicarle un dato: le cose vanno male, è in corso un’emorragia di produttività. Come ogni affermazione di carattere generale, trascura di segnalare quelle aree dove, al contrario, spunta qualche rinnovata speranza e, grazie a contingenze favorevoli, ingegno e magari perfino fortuna, l’economia, invece di seccarsi, riprende a crescere.
Le descrizioni generali sono tuttavia necessarie per capire dove, grosso modo, ci troviamo e quale clima, avventurandoci nelle strade, incontreremo. Quel “mille in meno” dipinge con angosciante efficacia una situazione addirittura bellica, in cui si contano le perdite e si moltiplicano i lutti. Ogni posto di lavoro perduto è una ferita di incertezza che si apre e un futuro che s’incupisce. Una lampadina trema, dietro la finestra, manda qualche lampo, infine si spegne, resta il buio. Lampadina dopo lampadina, è facile precipitare un’intera città nelle tenebre.
Leggere di queste fosche contingenze e assistere agli sforzi – improduttivi, insufficienti, differiti nel tempo – con i quali la politica risponde, dà l’idea dello scartamento culturale di cui siamo prigionieri. Ogni volta che una Cassandra riferisce di sventure, voltiamo gli occhi a chi non ha più risposte. Un giorno, penso, arriverà un segnale così forte e lugubre da svegliarci tutti. Sarà allora che capiremo come alle nostre vite dovremo imprimere, senza più tentennamenti, svolte che ieri erano inconcepibili, oggi sembrano improbabili e domani, appunto, saranno necessarie. Per arrivare a tanto servirà soprattutto coraggio. A proposito, chi si ricorda come funziona?
© RIPRODUZIONE RISERVATA