Ci sono notizie che entrano ed escono dalla testa senza lasciare, almeno a prima vista, conseguenza alcuna. Passa qualche minuto e neppure se ne ha un ricordo ancorché vago: resta un alone sfumato, l'incerta consapevolezza che la notizia potesse riguardare gli esteri, piuttosto che lo sport o la cultura. Vista la massa di informazioni alla quale siamo esposti, non stupisce che ciò accada. A pensarci bene, però, non è così scontato che la notizia di cui sopra, nel suo rapido passaggio per le nostre meningi, non provochi qualcosa. Si tratta di un'alterazione indiretta, non precisamente legata al contenuto della notizia, quanto frutto di una sua derivazione.
Ieri, nella mia testa, una notizia ha provocato questo effetto: ha innescato una catena di pensieri al termine della quale, per ritrovarla e riconoscerla come elemento scatenante, ho dovuto compiere uno sforzo di memoria e di ricerca. La notizia era questa: una galleria d'arte – non importa quale – ha organizzato una mostra in cui accanto a celeberrimi scatti del fotogiornalismo del secolo scorso si espongono i “provini” dai quali il fotogramma destinato a diventare famoso fu scelto. I “provini” sono i fogli di carta fotografica sui quali si stampavano tagli dei negativi, in modo da “pescare” gli scatti buoni, destinandoli all'ingrandimento, e scartando di conseguenza quelli meno buoni. La mostra consente dunque di vedere il caos e il disordine che precede il momento in cui, come per miracolo, la realtà si condensa in armonia, senso e significato.
Questo mi ha fatto pensare a quante volte, nella giornata, scartiamo la polpa indistinta della nostra vita per concentrarci sulla ricerca, non di rado vana, di un nocciolo di coerenza. Dimenticata la mostra – una sorta di reagente collaterale – ho affondato il pensiero in quei momenti disprezzati perché privi di significato leggibile, di scopo pratico o morale, di impugnatura adatta alla nostra povera poesia. Impossibile recuperarli: spero che qualcuno, prima o poi, sappia almeno metterli in mostra come meritano.
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