Come passa il tempo

Tutto è sempre questione di tempo che passa. Prendiamo due date, apparentemente anonime. La prima è quella di ieri, lunedì 9 marzo 2015; la seconda quella del prossimo 29 marzo, una domenica. Due date unite da un comune denominatore: entrambe influiranno sul nostro modo di concepire il tempo.

Ieri, la Apple ha ufficialmente presentato il suo “Watch”, un gadget che, se la storia dovesse ripetersi, cambierà il rapporto con l’orologio da polso così come l’iPhone ha cambiato quello con il telefono cellulare. Nelle prime ore di domenica 29, invece, saremo chiamati al consueto pellegrinaggio per gli orologi di casa: le lancette, o i numerini digitali, andranno spostate un’ora in avanti per conformarle all’ora legale.

In entrambi i casi siamo di fronte a enormi manipolazioni sociali legate al tempo. La prima, il lancio dell’Apple Watch, avrà un impatto che possiamo immaginare ma che ancora non conosciamo nel dettaglio; la seconda, l’ora legale, è una vecchia compagna di vita, un’abitudine quasi organica anche se da molti considerata ormai inutile.

Essa nasce come leva sociale per risparmiare energia: “costringe” le persone ad alzarsi un’ora prima la mattina per ottenere una riduzione nei consumi energetici la sera. Questo, in uno scenario in cui nelle case brillava qualche lampadina a incandescenza e rosseggiava la resistenza di qualche stufetta. Oggi, alle prese di casa c’è attaccato di tutto: il frigorifero, la lavatrice, la macchina del pane, il computer, un altro computer, il caricabatterie del telefonino e del tablet, il telefono cordless, la stufa a pellet, lo stereo, il televisore, un altro televisore, la planetaria, la lavastoviglie, il ferro da stiro e, prossimamente, anche il caricabatterie “a induzione” di Watch.

Tutto questo fa dell’ora legale uno strumento un po’ patetico, un’abitudine non sbagliata ma tutto sommato ininfluente. Forse serve solo a ricordarci la presenza incommensurabile del tempo. Domani, presumibilmente, ci penserà un’app di Watch.

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