Comode trincee

Quest’anno abbiamo ricordato - e l’anno prossimo ricorderemo ancora - i cento anni dalla Prima guerra mondiale. Ermanno Olmi ha realizzato un film che si annuncia semplice e poetico come le sue cose migliori, le librerie si colmano di libri dedicati alla vita nelle trincee e gli storici non disperano di capire, prima o poi, perché diavolo scoppiò quel maledetto conflitto. Lascio che tutti facciano il loro delicatissimo lavoro e propongo una celebrazione parallela, un po’ simile e un po’ diversa : i cento anni dalla Grande Morte.

Lo so, sul titolo non ci siamo. Non è precisamente il massimo dell’allegria. Ha però il pregio di inquadrare l’argomento: cento anni fa camminavamo (meglio, i nostri nonni camminavano) nel grave territorio della Morte. Oggi non più. O quasi.

Proviamo a fare un salto indietro nel tempo di un secolo e considerare lo scenario da un punto di vista dei morti e non dei vivi. La guerra 1914-1918 portò via circa 16 milioni di persone e lasciò altri 20 milioni di individui feriti e menomati in modo più o meno grave. L’Italia pagò la partecipazione al conflitto con 650mila vittime militari e 580mila civili. E questo è soltanto il conto presentato dalla guerra. Tra il 1918 e il 1920 l’influenza spagnola contagiò circa 500 milioni di persone nel mondo, uccidendone tra i 50 e i 100 milioni, vale a dire tra il 3 e il 5 per cento della popolazione del pianeta.

Chi fosse sopravvissuto al cannone, alla mitraglia o a quella sempre efficacissima arma mortale chiamata fame ,e per miracolo fosse guarito dalla “Spagnola”, poteva benissimo andarsene, o restare menomato, per mano di malattie oggi sconfitte come la poliomielite, il vaiolo e la meningite. Inoltre, qualora si fosse trovato nella necessità di un intervento chirurgico, il paziente poteva giusto sperare che, viste le condizioni in cui si operava, una setticemia non se lo portasse via. Questo, solo cento anni fa. Anche meno. Con tutti i guai che abbiamo, oggi, nel mondo, c’è molta meno morte e molta più vita. Ricordiamocelo quando, al mattino, balziamo all’assalto dalle nostre comode trincee.

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