Comunque idiota

Non chiamiamolo “proposito” perché, almeno nel mio caso, equivale ad assegnargli vita breve. Piuttosto, definiamola “generica risoluzione”, ovvero “cosa da fare ma anche no”, meglio ancora “indirizzo generale”, come quelli che si mettono nei piani regolatori e, nel caso, si aggirano facilmente.

Con questa premessa, voglio azzardarmi a dire che, nel 2014, farò di questa rubrica un luogo socialmente utile. Come ci riuscirò? Non ne ho assolutamente idea. Al momento, ho chiaro nella mente soltanto ciò che vorrei evitare di scrivere, qui dentro, e non altro.

L’idea sarebbe quella di rinunciare ad approfittare di questa quotidiana occasione di sfogo e intrattenimento, per mettere a segno piccole, meschinelle vendette nei confronti delle varie forme di ingiustizia che il mondo infligge spesso a me come a tanti altri.

Facciamo un esempio concreto. Il vecchio me stesso, quello del 2013 per intenderci, avrebbe oggi steso una tirata contro quell’adolescente che, l’ultimo giorno dell’anno, lo ha scavalcato in fila in un negozio, con una faccia tosta degna della sua ottusità, arrivando a mentire senza fremito alcuno al commesso che, incerto sul da farsi, chiedeva informazioni sulle precedenze, approfittando della signorilità del sottoscritto il quale, imponendosi un civile contenimento, gli ha risparmiato la pubblica umiliazione di una raffica di calci nel sedere. Un tipo così, il vecchio me stesso, sarebbe arrivato a definirlo un “idiota”, non prima di aver raccontato nei dettagli l’episodio con la scusa di trasformarlo in una metafora della cattiva educazione - ma, ancor più, della stolida immoralità - che dalle generazioni mature viene trasmessa, in forma ancora più gelida, a quelle acerbe.

Il nuovo me, al contrario, è deciso ad astenersi da tutto ciò e, parlando di gente in fila in un negozio come a uno sportello, punterebbe a sottolineare la disciplinata remissività dei tanti rispetto alla sfacciataggine del singolo. Che resta comunque un idiota.

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