C omprendo perfettamente che l’adolescenza è quella stagione della vita in cui si vuol fare l’esatto contrario di ciò che dicono i genitori, gli insegnanti e in generale tutte le figure d’autorità (specie se indossano un cardigan). Comprendo anche che l’adolescenza è anche la stagione della vita in cui si vorrebbe fare ciò che suggeriscono improbabili modelli: rapper del Lorenteggio, poeti maledetti col pantalone cascante, popstar in apnea da congiuntivi. Niente di strano e niente di sciocco in tutto ciò: tutte le stagioni della vita arrivano corredate di stranezze e l’adolescenza, in fondo, non esce dalla media.
Se però, un adolescente - come chiunque - corre a mettere la testa su un binario e aspetta che arrivi il treno (che per fortuna non arriva) perché così gli o le ha detto di fare un pirla qualunque (un pirla criminale, ma comunque un pirla) su Internet, bisogna avere il coraggio di dire che oltre al problema dell’adolescenza, oltre il conflitto generazionale e oltre il «vuoto dei valori nel quale annaspano i nostri ragazzi», qui entra in ballo anche un bel grado di coglioneria.
Temo però che la summenzionata coglioneria non sia colpa abbastanza grave perché non si tenti di evitare che un ragazzo nuoccia a se stesso seguendo un insensato “gioco” online (il cosiddetto “Blue Whale”) e dunque va fatto qualcosa per risvegliare la sua consapevolezza. Purtroppo ci ostacola il paradosso segnalato da John Cleese: «Come può uno stupido essere intelligente a sufficienza da capire che è stupido?». Non può, è ovvio. Suggerirei allora di convincerlo ad aspettare, perché è solo crescendo che ci si rende conto degli errori commessi o che si potevano commettere. E per crescere, questo anche uno stupido lo comprende, occorre per prima cosa evitare di morire, specie per suicidio. Troverete che non prenda abbastanza sul serio l’“allarme” di “Blue Whale”. Avete ragione. Peraltro in esso non c’è nulla di serio. Di tragico, forse. Di serio no.
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