Constatazione europea

In questo contesto di comunicazione veloce e anche un poco approssimativa, certe tendenze fanno presto ad affermarsi. Mi spiego: l’uomo della strada vede un’immagine in tv, orecchia una frase alla radio o sbircia un giornale sul bus ed ecco che si appropria di una locuzione, di un modo di dire, finendo per partecipare allegramente alla diffusione di un nuovo luogo comune.
Il più recente, mi sembra, è quello che impone di attribuire ogni responsabilità all’Europa. Colpa di ogni cosa storta è dell’Unione; ogni iniziativa per rimetterla in riga dovrebbe essere, ancora una volta, dell’Ue. Questa impostazione si è rivelata per la prima volta qualche mese fa quando, di fronte allo sbarco dei profughi sul bagnasciuga di Lampedusa, le autorità italiane, non senza qualche ragione, hanno subito fatto presente che il problema andava considerato «europeo». Ieri, davanti all’assemblea dell’Abi, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha sostenuto che il problema del balzo dei premi di rendimento è un problema «non del singolo Stato, ma della struttura complessiva dell’Europa».
Non posso certo smentire Tremonti, io che non riconosco uno spread neanche se lo incontro in ascensore, tuttavia mi pare singolare che, a poca distanza da casa mia, due automobilisti coinvolti in un piccolo tamponamento, incapaci di trovare un accordo sulla constatazione amichevole, si siano infine congedati con una stretta di mano: «Possiamo tranquillamente convenire - diceva uno - che il suo paraurti è ora un problema europeo».

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