Contro il mio interesse

Contro il mio interesse

L’ho detto qualche giorno fa, lo ribadisco oggi: chi avvertisse il prurito di partecipare a un talk show televisivo non ha bisogno di pensieri, tantomeno di idee; gli occorre soltanto una borsata di frasi fatte. «Mi faccia parlare», per esempio. «Io non l’ho interrotta»: viene di conseguenza. «Di che cosa stiamo parlando?»: utilissima espressione atta a  sminuire e quasi azzerare ogni posizione avversaria.
Oggi vorrei aggiungerne un altro, di questi strumenti linguistici, una composizione verbale sfruttatissima eppure ancora straordinariamente efficace: «Lo dico contro il mio interesse».
Non c’è dibattito in cui, presto o tardi, uno dei partecipanti non approdi a questa espressione, apparentemente cavalleresca, in realtà del tutto opportunistica, con la quale vorrebbe farci credere di accondiscendere a una illuminata pluralità, una visione allargata della contesa, un’interpretazione del confronto intessuta del più nobile fair play. Niente di tutto ciò, ovviamente: «Lo dico contro il mio interesse» serve soltanto a mettere in buona luce chi lo pronuncia, a creare l’illusione di un animo generoso, compassionevole, disposto - quando è giusto - ad accordare un favore perfino all’avversario più ottuso.
Il fatto è che siamo circondati da gente che falsamente proclama di rinunciare ai suoi interessi, quando sarebbe molto meglio ci fosse abbondanza di persone che, onestamente, inseguono il proprio. E lo dico, sia chiaro, contro il mio interesse.

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