Coraggio liquido

Coraggio liquido

Stabilito il fatto, credo incontrovertibile, che quella umana è una razza fallita, a volte c'è occasione di esaltarsi per le imprese della gente. Non le imprese cosiddette “grandi”, che tali sono, spesso, solo in una prospettiva giornalistica. No, il riferimento è alle imprese grandi nel senso di piccole ma inaspettate.

Mi spiegherò con un esempio. Riferiscono le cronache che un signore di Belluno, un individuo intorno ai sessant'anni, ancora molto vigoroso, non è riuscito a superare l'esame medico impostogli dalla commissione provinciale per riavere la sua patente. Neppure le cronache di un centro molto più piccolo di Belluno si preoccuperebbero di riportare la notizia, non fosse per un particolare interessante. Per farsi coraggio prima di affrontare l'esame, memore forse dei lontani tempi di scuola, dei compiti in classe di matematica, delle interrogazioni di Storia durante la quali, impietosa, la professoressa lo scrutava dalla cattedra chiedendogli ragione dell'esistenza del lucumone Porsenna, memore di tutto ciò, dicevo, e pertanto nella necessità di procurarsi coraggio in forma rapida ed economica, il signore non ha trovato di meglio che fermarsi al bar e spararsi due cicchetti in rapida successione.

Ah, il genio. Corroborato dall'assimilazione del liquido alcolico, il sessantenne bellunese si è presentato davanti alla commissione traspirando disinvoltura. Ma, come spesso accade davanti alle commissioni mediche, egli si è scontrato contro un muro di pregiudizi e di burocratica rigidità: aggrappandosi a qualche legge contro la circolazione del vino nelle arterie, i dottori hanno rifiutato la patente all'uomo invitandolo a ripresentarsi in versione sobria. Sbagliando, oltretutto, la motivazione del rifiuto: invece di “presenza di alcol nel sangue” avrebbero dovuto scrivere “assenza di cervello nella scatola cranica”.

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