A Pordenone, una ragazzina di 12 anni ha pensato bene di buttarsi giù dal balcone di casa. Prima, però, ha coscienziosamente preparato due lettere: una per i genitori, nella quale chiedeva scusa per il gesto, e una seconda per i compagni di scuola. In quest'ultima compare una frase raggelante: "Adesso sarete contenti".
Per fortuna, il dramma non è diventato tragedia. La caduta non è stata fatale e la ragazzina, nonostante le sue condizioni siano serie, sopravviverà al terribile attimo in cui il suo mondo è diventato così infrequentabile da farle apparire accettabile la via d'uscita più drastica.
Cerco di immaginare come, tra vent'anni, magari sposata, probabilmente in carriera e speriamo soddisfatta di sé e della sua vita, la ragazzina di Pordenone vorrà ripensare a quella decisione così buia. Dovrà forse ammettere che per quanto bulli fossero i bulli della sua scuola - gente che nel presente merita di essere messa duramente faccia a faccia con se stessa -, aver permesso che la vita la chiudesse in un angolo è stato uno scacco sul quale riflettere.
Non voglio certo sminuire il dramma psicologico della ragazza: tutt'altro. Ricorderemo tutto quanto bui possono essere certi corridoi dell'adolescenza e se, anni dopo, il problema che ci aveva costretto a rifugiarci in essi può sembrare relativamente piccolo o trascurabile, non dobbiamo dimenticare quanto grande e fondamentale fosse l'intensità assoluta di quella triste emozione, e di conseguenza rispettarla.
Non so se c'è una lezione in tutto questo e se c'è temo proprio di non essere in grado di impartirla. Vorrei solo che tutti potessimo sfuggire più facilmente ai nostri problemi, ovvero che li sapessimo considerare con una sorta di filosofica leggerezza. Date le condizioni, non c'è problema tanto piccolo da non poterci schiacciare. È vero anche, però, che in noi c'è spirito e intelligenza in quantità per farci beffe della più grassa e grossolana delle sventure.
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