Cosa Scritta

Cosa Scritta

«Scritte inneggianti alla mafia» sono comparse, secondo quanto riferiscono le agenzie, sui muri esterni, «appena restaurati», del teatro Eschilo di Gela, in provincia di Caltanissetta: «Immediata e generale l’indignazione della città, sia per i contenuti delle scritte sia per il danno arrecato (con vernice spray) alla struttura».

Aderisco all’indignazione, sia nella sua immediatezza sia nella altrettanto importante generalità, ma invito a una riflessione, a prima vista provocatoria: questa potrebbe essere una buona notizia. Non si era mai sentito, infatti, che la mafia tollerasse, o tanto meno incoraggiasse, scritte inneggianti a se stessa. Molto probabilmente, nei tempi d’oro di Cosa Nostra chiunque avesse voluto pubblicamente inneggiare alla mafia si sarebbe sentito redarguire da un picciotto, se non da un boss, con il caloroso invito di starsene zitto da sé se non voleva essere indotto a farlo da altri. Questo perché la mafia era una società segreta. Anzi, più che segreta era "fantasma": un’organizzazione criminale la cui percezione era quasi più leggendaria che provata. Un simile effetto era ottenuto, oltre che attraverso il terrore seminato nei paesi e nelle campagne, anche con un atteggiamento di silenziosa indifferenza, di marmorea imperturbabilità.

Adesso la mafia scrive (o si tollera che si scriva) sui muri: come fanno i tifosi di una squadra di calcio o, peggio, i militanti di un partito. È un chiaro segno di decadenza. Stai a vedere che adesso Cosa Nostra fa le primarie, e allora sarà finita per davvero.

© RIPRODUZIONE RISERVATA