Cosa umana

Voi non volete leggere della pena di morte e io non voglio scriverne. L'argomento è macabro, scomodo e, purtroppo, attraente in un modo che non ci piace ammettere. Tuttavia, da grandi bisogna fare anche le cose che non ci piacciono, per cui per questa volta siate bravi e seguitemi.

La pena di morte è praticata in varie parti del mondo. Non in Italia, per fortuna, e questo renderebbe, per noi, l'argomento meno pressante. Nonostante non pochi, magari sotto l'emozione di un clamoroso fatto di cronaca nera, siano pronti a invocare la forca, non c'è in Italia un consistente movimento d'opinione per reintrodurre la pena capitale. Non per questo, però, possiamo dirci a essa estranei, perché parlare di morte per mano dello Stato significa parlare anche di vita, di diritti umani, di limiti dell'appartenenza al consesso sociale e della deferenza a esso dovuta dagli individui.

Troppo facile sarebbe puntare il dito contro quei Paesi che applicano la pena di morte come strumento di repressione politica ed eseguono le sentenze con strumenti rozzi e disumani. La verità è che perfino nei Paesi dove si fa credere che le esecuzioni siano portate a termine con supporti scientifici intesi a eliminare o ridurre la sofferenza del condannato, le cose possono andare molto male.

La lettura di un rapporto recentemente pubblicato negli Usa sulle 39 esecuzioni del 2013 è quasi insostenibile ma illuminante. Trentotto di esse sono state eseguite mediante iniezione letale ma in 24 non si è applicato il prescritto “protocollo” che prevede l'uso contemporaneo di tre farmaci. Il “protocollo” è stato studiato per limitare il rischio di prolungare l'agonia dei condannati: non applicarlo espone a casi, come quelli accaduti l'anno scorso, in cui i boia hanno trafficato per decine di minuti intorno al corpo del prigioniero, cosciente, prima di venire a capo di qualcosa. Un orribile elenco di inefficienze, approssimazioni, stupidità burocratiche e stolida crudeltà da far accapponare la pelle. Ma che ci dice come uccidere, nonostante ci si impegni a farlo da millenni, non è cosa umana.

© RIPRODUZIONE RISERVATA