Certo, sapere che da qualche ora, nel corpaccione dolente della società sono in circolazione schegge impazzite di Scelta Civica non può che aumentare i timori per la tenuta del patto sociale. Cosa potrebbe succedere se un kamikaze in loden si avventasse sulla folla al grido di «Viva le equazioni differenziate lineari»? Come diceva Jeeves: «La mente vacilla».
Ancor più perplessità suscita il fatto che la “ribellione” di Mario Monti abbia occupato, ieri, gran parte dei notiziari nazionali. Da premier, Monti aveva meritato l’attenzione dei media; da politico, ci chiediamo se il trattamento, diciamo così, di favore abbia ancora ragione d’essere.
Non c’è risposta a tale domanda e neppure soluzione. Bisognerebbe chiedere infatti ai giornalisti uno sforzo di valutazione dei fatti superiore a quello che normalmente esercitano. Bisognerebbe, in altre parole, che dignità di notizia venisse data non a tutto ciò che è cronaca, come si fa adesso, ma solo a quei fatti che, con definizione vaga ma non imprecisa, potremmo ritenere parte della Storia.
Anticipiamo l’obiezione: la società ha bisogno di tante informazioni, non di una selezione delle notizie ancor più restrittiva. E poi, chi decide che cosa è cronaca e che cosa è Storia?
Tutto vero, non fosse che se ci sforziamo di immaginare un giornalismo fatto più di Storia e meno di cronaca riusciremmo a scorgerne subito i benefici. Quanto danno potrebbe farci, infatti, l’aver saltato a pie’ pari i mal di pancia interni del Pd, gli slittamenti dell’Udeur, gli scossoni del Pri, i congressi del Psdi e le mozioni d’ordine dei radicali?
Scherziamo, ovviamente: la stampa, come gli uomini, vive nel quotidiano, ed è giusto che del quotidiano si occupi e che per esso si impegni e, se il caso, si preoccupi. Basta solo tenere a mente che, di tanto in tanto, risulta utile mettere le cose nella giusta prospettiva guardandole con il cannocchiale della Storia. Strumento al quale si accede con una tecnica difficile ma meravigliosa: l’ironia.
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