Da noi no

Da noi no

I mass-media l’hanno definita "gaffe". Io, nel mio piccolo, non ne sono tanto sicuro. Le "gaffe" sono degli infortuni linguistici: accadono quando si fa uso di frasi fatte nel contesto sbagliato. Le "gaffe", poi, hanno in sé qualcosa non solo di involontario, ma anche di innocente; denunciano leggerezza del pensiero, non malafede.
Non so se è questo il caso di Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato, il quale rispondendo a una domanda sulle recenti violenze in Albania, ha detto che «in Danimarca (suo Paese di origine, NdR) non sarebbero accadute perché il popolo danese è più calmo di quelli che stanno a Sud». L’uscita ha immediatamente acceso la polemica: i collaboratori di Rasmussen hanno cercato di estinguerla dicendo che la "gaffe" è stata «involontaria». Su questo non discuto e neppure starò a far questioni sull’eterno atteggiamento del Nord nei confronti del Sud. Dico solo che - anche ammesso sia «involontaria» - la battuta di Rasmussen denuncia la presenza di uno sbarramento mentale pericolosamente fuori moda.
«Da noi non potrebbe succedere» è infatti un alibi che non regge più, una via d’uscita da tempo interdetta, un’autoassoluzione antropologica che la modernità esclude. Se qualcosa la globalizzazione insegna e che ovunque potrebbe succedere qualunque cosa. E, di solito, succede.

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