Di niente, di meno

Di niente, di meno

Come ha fatto notare con lucida puntualità Aldo Grasso nella sua videorubrica online, l’alluvione di Genova ha segnato la rinuncia definitiva della Rai a ricoprire il ruolo di servizio pubblico, espressione che, presto, verrà messa sotto copyright da Michele Santoro senza che nessuno possa opporgli ragione.

Confinando l’informazione straordinaria su Rai News 24 (canale ancora troppo di nicchia), la Rai ha consegnato ad altre emittenti, più aggressive e scattanti, una notizia che, con la sua struttura coordinata su sedi regionali, avrebbe invece dovuto governare da cima a fondo. Ma avrebbe dovuto farlo soprattutto perché le spetta per ruolo istituzionale e per elezione popolare. Avrebbe dovuto farlo perché lo ha sempre fatto: per i terremoti in Friuli e in Irpinia, per esempio, e per ogni altro evento cruciale. Avrebbe dovuto farlo, infine, perché con Londra in fiamme per i tumulti non era pensabile che la Bbc trasmettesse "Rin Tin Tin": e infatti non è accaduto.
Con Genova inondata, invece, la Rai ha mandato in onda le fesserie da contratto, i giochini da beoti e le fiction da sbadiglio.

Ciò induce l’orrendo sospetto che, per quanto necessarie, in Italia non sono mai sufficienti le dimissioni di un solo personaggio, anche se centrale. Per ripartire occorrerà vengano scrostati dagli organigrammi tutti gli inetti che, in anni di occupazione da parte dei partiti, la politica ha messo nei posti che contano. I mercati dovrebbero avere la gentilezza di aspettare. Qualcosa ci dice che non lo faranno.

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