Dietro la porta

Avranno dovuto tener duro, le ricercatrici Megan e Janice, si saranno dovute armare di santa pazienza per far fronte ai lazzi dei colleghi e di spirito combattivo per convincere i loro superiori della bontà del progetto. Capirete, l’idea, detta così, non sembra granché: «Vorremmo fare una ricerca per capire che cosa succede quando un uomo apre la porta per far passare un altro uomo».

Immagino si saranno sentite proporre una ricerca alternativa: «Perché non studiate che cosa succede quando un uomo apre la porta per far uscire due donne?» Ma loro, Megan e Janice, hanno fatto di ostinazione virtù e sono riuscite a pubblicare la loro ricerca i cui risultati se non stanno mettendo a rumore il mondo accademico è solo perché il mondo accademico, il pomeriggio, si concede dei lunghi pisolini.

Lo studio dimostra che per un uomo farsi aprire la porta da un altro uomo ha effetti invisibili a occhio nudo ma in realtà catastrofici: crolli di autostima, smottamenti nell’efficienza professionale, sussulti nella percezione del sé. Il tutto misurato con l’occhio clinico di due ricercatrici che pensavano di aver visto giusto e hanno trovato ampia conferma delle loro convinzioni.

Se le fondamenta virili, per chiamarle così, sulle quale gli uomini, o almeno una buona parte degli uomini, costruiscono il loro mondo, stabiliscono la residenza della loro personalità e innalzano lo stendardo del loro “io”, possono venir compromesse da un gesto gentile nel fine ma perfido nell’alludere a una necessità di supporto, al dubbio di un’insufficienza, all’ombra di un’impotenza, allora c’è di che riflettere. Perché, si sappia, molti uomini, primi fra tutti quelli di potere, basano le loro azioni - e di conseguenza incidono nelle vite altrui - sulla rappresentazione della propria prestanza e sulle infinite repliche di un assurdo spettacolo d’arte varia: quello dell’infallibilità. Megan e Janice hanno scoperto che dietro la porta, spesso, non c’è proprio niente.

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