Non c'è dubbio che la celebrità sia, oltre che un vantaggio, anche un peso. Diventare famosi significa essere conosciuti da tutti e ciò comporta che tutti eserciteranno il loro spirito critico, sia esso costruttivo o caustico, intelligente o sciocco, benigno o diabolico. Inutile, dunque, che le celebrità si lamentino, come spesso invece accade, per il trattamento ruvido che ricevono in Rete: il loro ego, nient'altro, li ha spinti a mettersi al centro dell'attenzione e ciò comporta delle conseguenze, sia piacevoli sia seccanti.
Ciò premesso, mi chiedo se ci debba essere un limite anagrafico, diciamo così, alla licenza di sbeffeggiare chi ha un certo grado di notorietà. Ultimamente, infatti, è emersa la tendenza a stanare a scopo di ridicolo personaggi ormai arrivati alla pensione: è il caso di David Letterman, sorpreso a fare jogging con un gran barbone e la zucca quasi pelata. C'è poi il giochino dei calciatori: si pubblicano foto attuali di campioni del passato per visualizzare il patetico contrasto tra la prestanza di ieri e la pesantezza, il decadimento di oggi. Non tutte le persone famose possono fare come Greta Garbo, che sparì per sottrarre al mondo lo spettacolo del suo invecchiamento; alcuni, specie i calciatori in pensione, sono costretti a rimanere in circolazione e a sopportare ironici appunti sulla panza o sulla calvizie, commenti riportati con selvaggia soddisfazione, è bene lo si sappia, da redattori che fatti tre gradini inciampano nella lingua.
Con tutto ciò, ammetto che la tutela delle persone famose non è in questo momento storico, come si usa dire, una delle priorità. Devo però far notare che il giochino di sfruttare l'inevitabile decadimento fisico delle persone a scopo di effetto comico è un poco triste. Gli idoli ci sono sempre stati e sempre hanno avuto una doppia funzione: quella di esaltarci nell'erigerli e di divertirci nell'abbatterli. Per espletare questa seconda funzione sarebbe però opportuno ricorrere a qualcosa di più dignitoso. Per noi, dico, non tanto per loro.
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