Disperati ma non seri

Rimango impressionato dalle notizie dei giovani europei che decidono di mollare tutto per arruolarsi nell’Isis ma non riesco a prenderli sul serio. Capiterà magari che nel giro di qualche anno sarà proprio uno di loro a tagliarmi la testa : vi assicuro che anche in quel momento supremo, o infimo, non riuscirò a dargli o darle l’importanza che pensa di avere.

Mi sembra che, ancora una volta, dietro questa decisione che la maggior parte di noi liquida come assurda e aberrante, ci sia la solita, prevedibile, dolorosa ma anche un po’ ridicola ribellione della gioventù nei confronti dell’età adulta. I ragazzi, da sempre, amano la musica che la società dei “grandi” giudica inascoltabile e trasgressiva, sposa la filosofia che la gente “normale” ritiene bizzarra e infettiva, abbraccia le ideologie che la massa dei moderati considera estreme e si consegna a pratiche religiose che, dal punto di vista dell’uomo della strada, affondano nella superstizione e nel fanatismo.

In tutto ciò, più che il rifiuto del sistema occidentale vedo il rigetto del salotto di mamma e papà, più che la guerra santa, il prolungamento della battaglia per la paghetta settimanale, più che lo scontro di civiltà, la trattativa (armata) per l’abolizione del coprifuoco il sabato sera. Bisognerebbe, a questo punto, tirar fuori dall’armadio nonno Freud e zio Jung ma non ne sono capace e poi non spetta a me.

L’importante, per quanto mi riguarda, è aver sottolineato che, nel massimo rispetto per gli analisti economici e politici, per gli strateghi dell’area mediorientale, per i teologi e gli storici delle religioni monoteiste, per i direttori dei circhi mediatici e per i pensatori in servizio permanente effettivo, la “defezione” culturale di (alcuni) giovani per la follia dell’Isis ha una radice non più grave, anche se altrettanto ineluttabile, di quella del morbillo. Saranno pure, costoro, fanatici, indottrinati, temibili e crudeli, perfino disperati: ma non seri.

© RIPRODUZIONE RISERVATA