Divieto di stampa

La mia natura di uomo delle caverne, di plantigrado che usa il mouse come clava e attribuisce alla parola “scanner” un significato più cruento di quello corrente, mi porta a stampare piuttosto spesso. Non in modo compulsivo, questo no, ma quando incontro un testo che giudico degno di approfondimento, spingo il puntatore alla ricerca del comando in grado di tradurre i caratteri digitali in macchioline d’inchiostro sulla carta. Non che sia facile: siti e software bella tendono a nascondere il comando nella presunzione, ormai abbastanza giustificata, che sia poco utile e, soprattutto, rappresenti uno spreco di risorse: carta e dunque alberi, alberi e dunque ossigeno, ossigeno e dunque vita.

La campagna “anti-stampamento”, per così dire, non si limita più alla sottrazione di icone e comandi: adesso va all’offensiva. Me ne sono accorto ieri ricorrendo alla stampante per consultare un articolo che, in teoria, avrebbe dovuto diventare l’argomento della rubrica di oggi (magari ne parleremo domani): cliccando su un ”print” sorprendentemente visibile mi sono trovato alle prese con un software - “CleanPrint” - il quale prima di eseguire il comando mi ha fatto, come si direbbe in italiano aulico, una gran menata. Sicuro che vuoi stampare? Guarda che se togli le foto avrai bisogno di meno carta. È necessario usare un carattere così grosso? Sei cieco? Bravo, bravo: avanti così e l’Amazzonia ce la fumiamo dopo il caffè.

Costretto dalla pressione psicologica di “CleanPrint”, ma anche deciso a non rinunciare del tutto al mio libero arbitrio, ho stampato comunque il documento “risparmiando” però un paio di pagine. Probabilmente non un enorme vantaggio ecologico ma, almeno, dall’incontro ho ricavato un pensiero: e se il nostro futuro fosse intessuto, più che di grandi imprese, da piccoli gesti di ragionevole disciplina? Chiudi la finestra, spegni la luce, risparmia l’acqua. Su su fino a imporci di contingentare l’arroganza, razionare la stupidità e ammettere un esercizio ragionevole, poco inquinante, del disastro implicito nell’appartenere alla specie umana.

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