Dottor Aragorn

Dottor Aragorn

Nel lavoro, come nella vita, la sequenza temporale in cui si incolonnano gli avvenimenti è di fondamentale importanza. Purtroppo, essa è soggetta più che altro al caso, o se preferite a una distante logica, e non sempre le opportunità si presentano nell'ordine che sarebbe auspicabile. Ciò vale anche per le carriere degli attori i quali, se avessero interpretato certe parti prima di altre, avrebbero potuto infondere nel loro lavoro uno spirito e una profondità che, invece, rimangono spesso inesplorati.

Prendiamo a esempio Viggo Mortensen. Nel 2001 questo intenso attore americano interpretò l'eroico Aragorn nella trilogia cinematografica del “Signore degli Anelli”. Dieci anni dopo gli viene offerta la parte di Sigmund Freud nel film “A dangerous method” di David Cronenberg. Pensate se le occasioni si fossero presentate invertite: reduce dall'interpretazione di Freud, Mortensen avrebbe potuto arricchire il suo Aragorn di una percezione nuova, più moderna.

Invece di insistere per tutto il film brandendo uno spadone (atteggiamento che certamente non sarebbe sfuggito all'analisi di Freud), Sigmund-Aragorn si sarebbe impegnato a chiarire l'ambiguo rapporto Frodo-Sam, avrebbe aiutato Gollum a risolvere la sua feticistica attrazione per l'Anello e avrebbe interpretato l'episodio “Le due torri” senza trascurarne l'evidente rimando fallico. Infine, dopo quei tre-quattrocento anni di terapia, avrebbe convinto l'Oscuro Signore Sauron a condividere con gli spettatori tutto il suo bisogno d'affetto. Vi pare poco?

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