Du pain!

Du pain!

La signora Paola, che con occhio saggio e benevolo segue le peregrinazioni logiche e illogiche della "buonanotte", si dice ora indignata da un servizio mandato in onda da "Striscia la notizia". In esso si raccontava di come, a Roma, ogni giorno finiscano in discarica 200 quintali di pane. Una follia e, insieme, un adempimento di legge: si tratta di pane invenduto che i supermercati, sottoposti a una precisa regolamentazione, non possono rimettere in commercio il giorno dopo anche se, non più freschissimo, rimarrebbe comunque commestibile. Resta il fatto che, forse, sarebbe il caso di trovare una migliore destinazione a tanto pane e al frumento utilizzato per produrlo.
Di fronte a persistenti aree di miseria, lo spreco di qualunque cibo non può che infastidire o, come accade agli spiriti sensibili qui rappresentati dalla signora Paola, indignare. Quando si tratta di pane, ancora di più. Il pane, non c’è bisogno che lo ricordi io, non è solo cibo ma anche simbolo e la sua tutela, all’alba dei tempi, l’uomo volle affidarla a un tabù: non si spreca il pane come non si oltraggia il sacro.
Evidentemente abbiamo rimosso questo pur radicato scrupolo. Eppure, come certo la signora ha ricordato di fronte alle immagini della discarica, non si può pensare al pane senza evocare la speranza dell’altare sul quale lo si spezza e la rabbia del popolo che lo reclama. Come in Zola («Germinal»):

«Un grand cri s'éleva, domina la Marseillaise: "Du pain! du pain! du pain!"»

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