Corre sui social network ma spesso la si incontra in strada, al ristorante o, come accade con frequenza, nelle cene a casa. Sbaglierò e magari anche di grosso ma, senza avvedercene, molti di noi hanno trovato un efficace antidoto alla crisi: l’amicizia.
Non che l’amicizia trasformi un lavoro precario in un posto fisso, non che paghi le rate del mutuo o risolva problemi di liquidità. Aiuta però a superare le ansie di tutto questo e altro ancora. Senza che ce ne rendiamo conto, l’amicizia - molto più dell’amore - ha circondato il nostro mondo: la vedo nelle foto “postate” su Facebook che rimandano abbracci, guance schiacciate l’una sull’altra e buffe, allegre smorfie; la leggo nelle frasi a commento, colme di risate, promesse di appuntamenti, inviti a perdersi insieme in torte, cioccolate, salumi e caminetti scoppiettanti.
Siccome l’amicizia, pur essendo bella, non è cosa facile, io non saprei cosa dirne, se non compiacermi per l’aiuto che ci sta dando in questi frangenti difficili. Nell’impresa di parlarne molto, e bene, riuscì invece Michel de Montaigne nei suoi “Saggi” anche perché aveva una grande amicizia da prendere a esempio e sottoporre a scrupoloso esame: quella tra lui stesso ed Etienne de la Boétie. Leggiamo insieme:
«Ci cercavamo prima di esserci visti» scrive Montaigne, «e per quel che sentivamo dire l’uno dell’altro, il che produceva sulla nostra sensibilità un effetto maggiore di quel che produca secondo ragione quello che si sente dire, credo per volontà celeste: ci abbracciavamo attraverso i nostri nomi». E più avanti: «Non una considerazione particolare, né due, né tre, né quattro, né mille: ma una non so quale quintessenza di tutta quella mescolanza che, afferrata tutta quanta la mia volontà, la condusse a immergersi e perdersi nella sua; che, afferrata tutta quanta la sua volontà, la condusse a immergersi e perdersi nella mia, con ugual desiderio, uguale slancio. Dico perdersi, in verità, poiché non ci riservammo nulla che ci fosse proprio, né che fosse o suo o mio».
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