È già ritornata la grande commedia all’italiana

Il ritorno alla normalità, ormai, non è più soltanto un auspicio: è un processo che appare irreversibile. A sostenerlo, i dati dei contagi - in generale abbastanza incoraggianti -, le considerazioni economiche, il raggiunto limite di tolleranza nei confronti delle restrizioni, la pura e semplice voglia di mettersi alle spalle una stagione infausta. Insomma, giorno dopo giorno recuperiamo le nostre libertà: spesso a ragion veduta, qualche volta forzando la mano.

Che la “normalità”, qualunque cosa essa sia, vada (ri)posando il suo velo sul Paese risulta evidente qualora si considerino le più recenti notizie di cronaca. Vuote durante il “lockdown”, le colonne dei giornali normalmente dedicate agli accadimenti più spiccioli, ma non per questo trascurabili e non di rado altamente drammatici, già tornano a raccontare di un’Italia a volte indecifrabile, a volte sconcertante, generosa e micragnosa in egual misura, sempre e comunque bizzarra.

Prendiamo il caso di quel che è accaduto nei giorni scorsi in provincia di Prato dove, scattato il “liberi tutti” dopo il lockdown, un giovane di 23 anni è stato messo agli arresti domiciliari, accusato per vari episodi di violenza sessuale.

In realtà, per quanto infamante sia l’accusa, dal suo punto di vista il giovane aveva ripreso ad esercitare quella che sembrava considerare, insieme, la sua vocazione e la sua professione: “diavolo” a capo di una setta. Egli, infatti, si era letto a leader del sodalizio convincendo gli appartenenti di possedere «poteri sovrannaturali» e di «averli scelti (gli appartenenti, non i poteri, ndr) per salvare il mondo». Perché gli adepti toccassero con mano la sua presunta potenza occulta, sottoponendosi pertanto a una indiscutibile sudditanza psicologica, il diavolo toscano «aveva elaborato - così scrive l’Ansa - una sorta di rituale di resurrezione, inscenando uno strangolamento da parte di un sodale, al termine del quale si rialzava da terra fingendo di rimettersi a posto il collo».

Le violenze sessuali di cui sopra - ben 13 gli episodi contestati - consegnano questa storia al lato più sordido della cronaca ma, come spesso accade, l’assurdo e il ridicolo accompagnano molti drammi e molte tragedie e poco importa se noi, per ragioni di costumanza e convenienza, fingiamo di non accorgercene. Il “rituale di resurrezione” con finto strangolamento appartiene di diritto alla commedia all’italiana, meriterebbe un’inquadratura di Risi o di Monicelli, perfino di Fellini.

 Con un opportuno accompagnamento di accenti toscani e altri d’importazione, qualche osservazione ironica sul fatto che, magari, perché inizi il rituale satanico occorre prima che finisca il posticipo di serie A, un casting attento alle tipologie fisiche e un costumista in grado di distribuire agli aderenti alla “setta”, con attenta proporzione, corna bovine, acconciature goth, canotte da estate in campagna e ciabattine mare, ecco messa in scena l’ennesima sintesi di un’italianità insopprimibile. Un’inclinazione al grottesco indifferente tanto al sublime quanto al tragico: nostro patrimonio genetico che nessun virus potrà mai intaccare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA