Perdonate se metto le mani avanti. Il concetto che vorrei esprimere nella rubrica di oggi è in qualche modo chiaro nella mia testa, ma non sono sicuro di riuscire a esporlo come si dovrebbe: una frase dietro l’altra, seguendo un percorso che parte da uno spunto, prosegue sulla strada della logica e arriva una fatale conclusione.
Ci proverò comunque, perché non esser sicuro di saper scrivere una cosa non mi ha mai impedito di scriverla e poi perché, in questa insicurezza tra ciò che sentiamo di sapere, e di voler dire, e quel che poi riusciamo in effetti a comunicare, c’è il nucleo stesso della riflessione di oggi.
Mi spiego (o, appunto, ci provo): in Rete vediamo tante immagini. Fotografie, video, pastrocchi vari. Molte di queste immagini - probabilmente la maggioranza - non sono prodotte e pubblicate da fonti per così dire professionali: fotografi, giornalisti, testate riconosciute. Grazie ai social, la massa delle immagini è riversata in Rete da gente “normale”, utenti come noi dell’immenso network che, “dal basso”, crea e diffonde contenuti.
Ma con quale spirito sono presentate queste immagini? Mi pare di poter dire che spesso è quello di testimoniare la nostra presenza in qualche luogo, e in qualche circostanza specifica,agli “amici”, in modo diretto, senza filtri. Una sorta di trasmissione del “vero”: ecco, diciamo, sono qui, quel che vedo io lo vedete anche voi.
C’è per esempio chi pubblica foto di quadri famosissimi visti durante la visita a una mostra o a un museo. Perché lo fa? Per poter dire: questa è la “vera” Venere di Botticelli, questa la “vera” Gioconda e, quanto ai girasoli di Van Gogh, eccoli qua quelli autentici: “visti” proprio adesso, al massimo un minuto fa. E noi, dall’altra parte del filo, proviamo una sensazione di immediatezza e di libertà: da filtri, intermediazioni, inquinamenti. Chi ci “passa” la foto del quadro non è un esperto, un critico o un professore, che farebbe pesare il suo giudizio “superiore,” né una testata votata a chissà quali scopi: è un “amico”, uno come noi che grazie al telefonino e alla Rete ci include nella sua esperienza.
Peccato che l’intermediazione ci sia eccome, che l’immmagine del quadro, così come quella del concerto, del panorama lontano, o del campo di calcio in Champions League, sia comunque e sempre un’immagine, ovvero un punto di vista, uno solo tra i tanti possibili, e dunque per forza un’interpretazione della realtà, un simulacro, un’ombra del vero.
Sono quasi alla fine dell’articolo, ormai certo di non essermi spiegato, e non nutro a fiducia di riuscirci nelle poche righe che rimangono.
Potrei dire però che la gran profusione di gatti e gattini, piatti da chef e da osteria, gite e viaggi, bevute e mangiate, riunioni di classe, tramonti e nevicate, ingorghi e spiagge, manifestazioni e convegni, presentazioni in libreria, carnevali e natali, pasque e capodanni, concerti e happening, è altrettanto indiretta come il film visto al cinema o in televisione, il romanzo che ci aspetta sul comodino, i dipinti e le sculture lungo le pareti della galleria che stiamo per visitare. Saremo comunque chiamati a considerare tutto ciò con spirito critico: altrimenti, come dicevo più sopra, ci capiterà di sapere di che cosa si tratta ma di non poterlo spiegare. Il che è come non sapere affatto.
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