Elogio dell'ingiustizia

Elogio dell'ingiustizia

E se l’ingiustizia fosse una più profonda forma di giustizia? Quando la mente inciampa in pensieri di questo genere non restano che due cose: andare a letto prima, la sera, e smetterla di guardare "La vita in diretta" con Lamberto Sposini mentre si è sotto trattamento con antibiotici. Se per un qualunque motivo non si riesce a prendere nessuna di queste sagge misure, allora è necessario andare avanti, affrontare il problema, considerare la balzana idea come se fosse buona e portare il ragionamento fino in fondo.
Ragionamento che sarebbe il seguente: tutto è basato sull’ingiustizia. Beninteso, dobbiamo interpretare il termine "ingiustizia" come una sorta di reciproco sopruso, uno sfruttamento di una cosa sull’altra, un appropriarsi vorace di beni e facoltà altrui per farli propri e sfruttarli a vantaggio di ognuno. Gli alberi crescono sfruttando il suolo; uomini e animali sopravvivono divorandosi l’un l’altro. L’intelaiatura sociale non è costruita diversamente: ognuno prende dall’altro ciò che ha bisogno, restituendo solo quel poco che ha interesse a restituire. Abbiamo inventato le formule "grazie" e "prego" solo per poter chiamare tutto ciò "civiltà" ma, sotto sotto, sappiamo che resta un commercio largamente iniquo.
E tuttavia immaginiamo di poter spezzare questo processo, di interromperlo in qualche modo: che cosa resterebbe? Non certo la vita, non più. Piuttosto un vuoto silenzioso, tombale, fatto di perfetta giustizia. Il che non è auspicabile (anche se sempre preferibile al guardare Sposini sotto antibiotici).

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