Elogio di Andrea

Elogio di Zalone. Non Checco: Andrea. Ovvero quel signore - nella vita: attore, doppiatore e autore televisivo - che appare sui nostri schermi al fianco di Maurizio Crozza e ne puntella le più istrioniche trasformazioni.

Elogiare Andrea Zalone, per bravo che egli sia, potrebbe essere riduttivo, non fosse per il fatto che un complimento a lui, in fondo, è un complimento diretto anche a tutti noi: ragionevoli al cospetto della follia, moderati nel confronto con gli estremismi, concreti a dispetto delle più fantasiose capriole del cialtronismo nazionale.

Naturalmente, Zalone è soltanto una “spalla”, ovvero colui che ributta la palla nel campo del comico perché egli possa rigiocarla seguendo l’estro del suo genio umoristico. Un ruolo che, sulla scena, richiede rispetto dei tempi e grande capacità di adattamento ai capricci creativi del protagonista, ma comunque un ruolo subalterno. Caso strano, forse unico nella storia della commedia, oggi la bilancia delle parti sembra invece pendere dalla parte del gregario. Pur riconoscendo a Crozza tutto il suo “mestiere” e l’inventiva, a volte davvero geniale, con cui “inquadra” i suoi personaggi, spesso ci ritroviamo, con sommessa sorpresa, a godere più del contrappunto di Zalone che degli assoli del capocomico.

Nello strepitare dei più strampalati individualismi, la voce tranquilla di Zalone, le sue pacate proteste di fronte all’arroganza buffonesca dei personaggi di Crozza - tutti, in un modo o nell’altro, imparentati con il potere - e perfino il fastidio con cui si sottrae all’untoso suggerimento («fatti i c... tuoi») del falso Razzi, risaltano come squilli di tromba nel cielo del mattino. Un’Italia con più Zalone e meno alter-ego di Crozza sarebbe forse più noiosa, ma anche infinitamente più pulita. E la pulizia non è cosa da disprezzare, anche se in fatto di audience non c’è da sperare ottenga granché.

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