Più che un articolo, una promessa. Campeggiava ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera: una foto inedita dello scrittore JD Salinger accompagnata dal titolo «Il Salinger mai visto: nella sua stanza». Sotto, le prime righe di un articolo firmato da Alessandro Piperno. Tutto interessante: titolo, foto, autore. Mi sono buttato sul testo: «(...) "Ammazzare il tempo". È la mia frase fatta preferita. Forse perché è una delle poche in cui il senso letterale si specchia limpidamente in quello figurato. Forse perché esprime come meglio non si potrebbe la beffarda battaglia ingaggiata da ogni essere pensante contro la screpolata entità che chiamiamo tempo».
A questo punto avrei dovuto aprire il giornale e proseguire la lettura - come promesso - «a pagina 45». Non ne sono stato capace. Ho pensato che Piperno - uno scrittore celebrato, premiato, stimato, eccetera - non potesse onestamente pensare che il tempo è «un’entità screpolata». La sua doveva essere solo una trovata d’autore, un ghiribizzo letterario. Ma se la trovata suonava falsa - e senza dubbio suonava falsa - allora anche tutto il resto poteva, anzi doveva, esserlo. Il testo si è così disintegrato sotto i miei occhi: «specchia limpidamente», «beffarda battaglia», «essere pensante». Che senso aveva, tutto ciò?
È stata un’esperienza triste ma utile, almeno, a spiegarmi perché sempre più spesso, quando entro in libreria, certe parti sospese del mio corpo subiscono repentine trasformazioni diventando, quelle sì, «entità screpolate».
A questo punto avrei dovuto aprire il giornale e proseguire la lettura - come promesso - «a pagina 45». Non ne sono stato capace. Ho pensato che Piperno - uno scrittore celebrato, premiato, stimato, eccetera - non potesse onestamente pensare che il tempo è «un’entità screpolata». La sua doveva essere solo una trovata d’autore, un ghiribizzo letterario. Ma se la trovata suonava falsa - e senza dubbio suonava falsa - allora anche tutto il resto poteva, anzi doveva, esserlo. Il testo si è così disintegrato sotto i miei occhi: «specchia limpidamente», «beffarda battaglia», «essere pensante». Che senso aveva, tutto ciò?
È stata un’esperienza triste ma utile, almeno, a spiegarmi perché sempre più spesso, quando entro in libreria, certe parti sospese del mio corpo subiscono repentine trasformazioni diventando, quelle sì, «entità screpolate».
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