Nel 2035 la povertà sarà l’eccezione piuttosto che la regola». Lo ha detto - anzi: scritto - Bill Gates e dunque va preso sul serio. Come dubitare delle sue doti di preveggenza quando, come tutti sappiamo, egli è l’uomo che ci ha consegnato il sistema operativo Windows, quello che quando qualche cosa si ingrippa nelle viscere del computer manda all’utente il rassicurante messaggio “Errore sconosciuto”? Piaccia o no, i “guru” dell’informatica sono i profeti di oggi: frequentando per ragioni di business il futuro virtuale, molti pensano che abbiano accesso anche a quello, per così dire, materiale. Quello in cui, appunto, la gente muore di fame.
Secondo Gates, basta osservare i dati sul reddito pro capite in Cina e in India dal 1960 a oggi per essere ottimisti. Nel primo caso, si parla di una moltiplicazione per otto, nel secondo di quattro. «Nei prossimi due decenni» sostiene Gates, «milioni e milioni di persone nei Paesi più poveri saranno affrancati dal peso della povertà». Anche in Africa, dove le condizioni sono più difficili e nonostante il flagello dell’Aids, dal 1960 a oggi l’aspettativa di vita è aumentata e sempre più bambini ricevono un’educazione. «Sono ottimista abbastanza da sbilanciarmi nel predire che intorno al 2035 non ci saranno quasi più Paesi poveri nel mondo».
Potremmo obiettare che il problema sta tutto in quel “quasi” ma osservazione molto più pertinente sarebbe che il successo della predizione tentata da Gates sta tutto nell’impegno con cui i Paesi più sviluppati vorranno sostenere la crescita di quelli ancora poveri. In fatto di impegno, bisogna riconoscere che Gates ha diritto di parola: la sua Bill & Melinda Gates Foundation è tra le organizzazioni di carità più importanti e generose del mondo. «Il problema» spiega Gates, «è che i governi si impegnano ancora poco e che, in molti casi, funzionari disonesti intascano il denaro destinato a questi scopi». Cecità e corruzione: eterni ostacoli alla crescita umana. Forse perché, quando accadono, troppo alta è la possibilità che vengano liquidati come “Errori sconosciuti”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA